Controlli sulle Ong
a garanzia degli aiuti

La vicenda della nave tedesca «Iuventa» - fermata per presunte collusioni con gli scafisti che operano sulle coste della Libia - può (anzi, dovrebbe) diventare l’occasione per perseguire quattro obiettivi. Distinti ma evidentemente correlati. Dare slancio ed efficacia operativa alle strategie di governo sul fenomeno delle migrazioni che si riversano sulle nostre coste; riuscire a far abbassare i toni esagitati della polemica politica sull’operato del governo; evitare che lieviti un clima di strumentale sospetto sull’azione della magistratura; portare a compimento l’opera, già ben avviata, di regolamentazione delle Ong che si occupano del salvataggio dei migranti. Le ragioni della crescita esponenziale del numero di migranti che arrivano in Italia dalla Libia sono note; così come lo è il carattere epocale del fenomeno, il quale - con buona pace dei razzisti e degli xenofobi nostrani e di altri Paesi europei - non si risolve alzando muri e sguainando sciabole.

L’ondata di sbarchi nei porti italiani è l’aspetto più doloroso e drammatico di una catastrofe umanitaria che investe milioni di famiglie, uomini, donne, bambini. Il flusso non può essere fermato, né fortemente ridotto, in tempi brevi a causa della mancata collaborazione dei governi dei Paesi europei che si affacciano sul Mediterraneo. Al momento l’Italia deve fronteggiare il problema sostanzialmente da sola. Per questa ragione è indispensabile mantenere la mente lucida, partendo da un dato: in tutte le situazioni nelle quali la complessità dei problemi si accomuna a difficoltà operative estreme accade che il meglio e il peggio degli esseri umani si trovino gomito a gomito. Coloro che si adoperano con enorme generosità e chi invece lucra sulle tragedie altrui operano sui medesimi scenari. I primi per aiutare, i secondi per approfittare. Basta pensare a quanto accade – purtroppo sovente nel nostro Paese – in occasione di terremoti o altre devastazioni naturali.

Proprio in condizioni siffatte emerge l’inderogabilità di un’adeguata, sapiente, fattiva, azione di indirizzo e di intervento da parte delle istituzioni pubbliche. Allo stato attuale, sulla questione migranti, lo spazio delle scelte per l’Italia - che nobilmente sta portando avanti con coraggio l’opera di accoglienza - è particolarmente esiguo. L’azione del governo attuale va lodata per il grande equilibrio che gli attori principali stanno dimostrando: il presidente del Consiglio mantiene una linea di fermezza nelle richieste di collaborazione ai partner europei, senza indulgere in dannose tirate polemiche; analogamente sta facendo il ministro Minniti, al quale va dato atto di aver impresso un cambiamento enorme all’azione del ministero dell’Interno, formulando proposte concrete, iscritte in una chiara strategia di governo del fenomeno, ed evitando di inseguire giornaliere emergenze. L’amministrazione dell’Interno, a sua volta, sta dando prova – tanto con l’azione di coordinamento del dipartimento per l’immigrazione quanto attraverso le prefetture – di saper gestire le enormi complessità del fenomeno. Nei confronti delle organizzazioni non governative l’Italia ha impostato le sue linee di azione in modo ineccepibile: il codice di autoregolamentazione predisposto dal Viminale ha fissato le regole e bene fa il governo a ribadire che le Ong o firmano o saranno fuori dal gioco. Le responsabilità dell’Ong tedesca Iugend Rettet saranno accertate dalla magistratura. Nel frattempo deve essere chiaro che – per diradare le ombre di possibili rapporti tra volontari al servizio dei più deboli e mercanti di vite umane – l’azione dei poteri pubblici deve essere legittima, tempestiva e severa quando occorra. Controllare per evitare abusi e malaffare è compito dello Stato: «sorvegliare e punire», si potrebbe sintetizzare parafrasando Michel Foucault.

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