Divampano incendi
intorno a Renzi

La brusca reazione di Tiziano Renzi quando ieri un cronista di «Repubblica.it», telecamera in mano, lo ha avvicinato per le strade di Rignano, la dice lunga sullo stato di tensione di quest’uomo anziano precipitato nel gorgo di un’inchiesta che, per quanto mediaticamente affondata e giudiziariamente depotenziata, riprende vita e vigore proprio a causa sua, padre dell’ex presidente del Consiglio e neosegretario del Pd. E l’ultimo episodio di questa telenovela (Tiziano Renzi è tuttora indagato per «traffico illecito di influenze», reato dall’incerta natura) è deflagrato ieri mattina quando il «Fatto Quotidiano» ha pubblicato in prima pagina l’anticipazione del libro di un suo redattore, Marco Lillo, in cui è largamente citata una conversazione telefonica tra Matteo e suo padre. Una conversazione brusca, a tratti cattiva da parte del figlio («Dimmi la verità, non ti credo») probabilmente condizionata dalla consapevolezza dell’intercettazione in atto e della inevitabile pubblicazione su qualche giornale.

Renzi in quella telefonata pretende da suo padre totale trasparenza - hai incontrato o no l’imprenditore Romeo, oggi in carcere, per facilitargli gli appalti della Consip? - e non è molto disposto a dargli credito, anche perché infuriato del fatto che il comportamento, vero o presunto, del genitore può seriamente pregiudicare il suo futuro politico, annullandolo o seriamente danneggiandolo.

Del resto questi suoi dubbi li ha ammessi lo stesso Matteo, quando si è scontrato sull’argomento con Grillo e ha detto «ho dubitato di mio padre, e questo non è bello». Dalla parte del padre, a leggere i brani della telefonata intercettata, si capisce che forse il buon Tiziano ormai farebbe bene a starsene a casa a godersi la pensione e i nipotini, realizzando una volta per tutte la pericolosità della sua goffaggine. Però, a ben vedere, il giornale di Marco Travaglio ha fatto a Renzi figlio un piacerone che neanche l’Unità. Cosa desumiamo dalla lettura dell’intercettazione? Che il «Rottamatore» è preoccupato soprattutto di non avere scheletri nell’armadio di famiglia, che non sa quasi nulla dei piccoli traffici del padre, che pretende che al giudice si dica tutta la verità, senza farsi sconti. Tanto da saldare le parole sempre dette in pubblico («ai giudici chiediamo di accertare la verità dei fatti, di farlo in fretta e di arrivare a sentenza, e se mio padre ha sbagliato per lui servirebbe una pena doppia») e quelle dette in privato al telefono («Non dire bugie, e nemmeno non mi ricordo, non è un gioco, racconta tutto quello che sai»). Ne esce un leader capace di condannare persino suo padre sull’altare della propria onorabilità morale e politica: forse al «Fatto», giornale nemico giurato del renzismo, non immaginavano che questo alla fine sarebbe stato il risultato del loro scoop (con una pubblicazione illecita, sia ben chiaro, insiste Renzi che però annuncia che non farà nessuna azione di rivalsa in sede giudiziaria).

Ma al di là del dividendo politico favorevole a Renzi, quest’ultimo non potrà non preoccuparsi del fatto che, immediatamente dopo aver trionfato alle primarie, contro di lui e il suo giro di collaboratori, amici e familiari, è partita di nuovo l’operazione «annientamento». Con la pubblicazione del libro di Ferruccio de Bortoli è tornata d’attualità la insepolta faccenda del rapporto tra Maria Elena Boschi e il salvataggio – mai avvenuto – della Banca Etruria di Arezzo; e allo stesso tempo il libro di Marco Lillo riaccende i riflettori sull’inchiesta degli appalti Consip che pure, da quando è passata dalla procura napoletana a quella di Roma, ha perso più di un pezzo - tanto è vero che sia il pm di Napoli Woodcock che il suo più stretto collaboratore sono a loro volta sotto i riflettori di commissioni disciplinari e altri magistrati.

Gli incendi intorno a Renzi divampano ancora e quel che si può dedurre, molto facilmente, è che minacciano la sua campagna elettorale che sarà infuocata dallo scontro tra Partito democratico e movimento dei grillini. I quali hanno buon gioco, in questo momento, a far passare nel dimenticatoio tutti i guai che invece li hanno tormentati nelle ultime settimane causando una certa flessione nei consensi elettorali rilevati dai sondaggi.

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