Divisioni in casa
i figli prime vittime

Nell’Italia che fa sempre meno figli (sono 100 mila in meno all’anno, rispetto al 2008), paradossalmente sono sempre di più i figli che si trovano in difficoltà nei loro ambiti famigliari. I dati riportati in cronaca per quanto riguarda il Comune di Bergamo sono eloquenti: 1.477 casi seguiti dai servizi sociali nel 2017 conto i 1.420 dell’anno precedente. E Bergamo non è certo un’eccezione nel panorama nazionale. Sono tanti i fattori che possono spiegare un’emergenza di questo tipo. Il primo fattore certamente è quello della povertà delle famiglie. Nella recente indagine Istat che per la prima volta dopo tanti anni rilevava un rialzo dei redditi medi per nucleo famigliare in Italia si poteva scoprire un risvolto molto amaro.

L’aumento era tutto assorbito dai nuclei benestanti, mentre per quelli a rischio povertà si era registrato addirittura un’ulteriore riduzione delle entrate. Se si va poi a fare un’analisi in dettaglio si scopre che sono a rischio povertà ben il 47,3% delle famiglie con almeno tre bambini e il 30,8% di quelle con due figli piccoli. Percentuali che aumentano se si guarda alle famiglie con genitori immigrati.

C’è poi un altro fattore che non è quantificabile in numeri: ed è la solitudine in cui tanti si vengono a trovare nel momento in cui affiorano le difficoltà. Perché spesso i problemi economici accendono conflitti. E questi conflitti degli adulti hanno ricadute che vengono pagate in modo pesanti dai più piccoli. Oggi sono cadute le reti parentali e quelle di vicinato. Così accade spesso che i primi ad avvertire i segnali di una crisi all’interno di una famiglia siano, a scuola, i professori dei bambini. Basta chiedere loro quante volte i colloqui con i genitori finiscano con l’avere a tema più le difficoltà o i conflitti che non la situazione scolastica dei figli. Quindi sono i figli le prime «spie» delle difficoltà esplose all’interno delle mura di casa. Ma oltre che «spie» sono soprattutto le vittime che pagano il prezzo più alto.

Del resto, per tornare ai numeri, se il tasso di separazioni in Italia è ancora più basso che nel resto d’Europa, è perché tengono i vecchi matrimoni, mentre quelli recenti mostrano molte più fragilità. La separazione comporta un moltiplicarsi di quelle fragilità, economiche e psicologiche. Se per tirare avanti oggi nella gran parte dei casi un reddito in casa non è sufficiente, è facile immaginare in quali complicazioni ci si infila quando i tetti diventano due. C’è infine un altro fattore di cui ci si deve preoccupare. I bambini coinvolti in situazioni di povertà o di conflitto famigliare rischiano di pagare non solo un prezzo alto, ma anche un prezzo lungo nel tempo. In sostanza le chance negate loro in questi primi anni possono avere in tanti casi una conseguenza che segna tutta la loro vita. La ricaduta in termini di mancata esperienza educativa e formativa è la più evidente. I più a rischio sono in particolare i ragazzi che escono dalla minore età e quindi perdono quelle protezioni sociali che in Italia il welfare locale sa comunque garantire. Per questo è stata importante la decisione di istituire un fondo sperimentale approvato a fine novembre dalla Commissione Bilancio del Senato e inserita nella Legge di Stabilità. Il fondo è pensato per il sostegno al percorso di autonomia dei giovani «fuori famiglia», in uscita da comunità per minorenni o percorsi di affido familiare (sono oltre 3 mila ogni anno), prevedendo continuità nell’assistenza fino al 21o anno di età. In sostanza lo Stato giustamente decide di occuparsi di questi ragazzi, che senza averne colpa, pagano la situazione da cui provengono con il rischio di una progressiva marginalizzazione sociale. Sono state tante organizzazioni e associazioni che si occupano di loro a chiedere e ottenere questa misura dopo una lunga battaglia. È un piccolo segnale, ma nell’orizzonte fitto di tante notizie negative è anche uno spiraglio di speranza.

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