Gli adulti, il bullismo
e i nodi da sciogliere

I nodi vengono al pettine e fanno blu il sistema educativo messo in piedi dagli adulti. Di solito, le «Giornate» dedicate a qualcosa vengono messe in piedi come si alza una bandiera gialla di pericolo che trascolora a volte nel bianco della resa. Per attirare l’attenzione quando ormai la situazione è compromessa. La prima Giornata nazionale per la lotta al bullismo e al cyberbullismo non fa eccezione. La scelta del nodo blu come simbolo (ricordarsi: il blu senza nodo è per l’autismo, il fucsia per la prevenzione dei tumori femminili, il nastrino rosso per l’aids, la scarpa rossa per la violenza sulle donne etc..) allude ai conflitti da sciogliere, ai groppi emotivi che si formano nei cuori di gente giovane, spesso piccola (il bullismo parte alle elementari) e che trasformano i portatori in vittime o carnefici. Ora, alcuni meccanismi dell’essere umano, che non può aggregarsi senza prevaricare, che scarica le sue frustrazioni sui più indifesi, che pone il brivido del potere sull’altro al di sopra di ogni altro piacere, sono purtroppo noti da millenni e per ora il corredo genetico del cosiddetto homo sapiens-sapiens resta questo.

Mezza letteratura per l’infanzia è costruita su classi di scuola, bande, compagno buono e compagno cattivo. La differenza tra letteratura edificante e realtà, è che da questa parte dello specchio non sempre il bene trionfa e il cattivo è punito. E anche questo è storia vecchia. Il dato nuovo è che il messaggio della differenza tra bene e male arriva alle rosee orecchie infantili sempre meno forte e chiaro. Arrivano spesso segnali contrastanti: per esempio da scuola e da famiglia - che più firmano patti e meno sembrano andar d’accordo - oppure dall’interno della famiglia, oppure tra famiglie, o tra famiglia e contesto sociale. La frantumazione dei segnali etici (ethos: l’insieme delle norme tramandate perché funzionali a vivere) non giova al cervello. Le idee si confondono e gli impulsi hanno la meglio. Anche la frantumazione delle famiglie non giova. Per la ragione che, se sei piccolo, ti aspetti che qualcuno ti guidi nel mondo e l’idea di fare da solo giustamente ti terrorizza. Se si rompono i genitori, vuol dire che qualunque cosa nella tua vita si può rompere. Qualunque minore che passa attraverso una separazione (lasciamo da parte le ragioni degli adulti, consideriamo solo il suo punto di vista), eleva a potenza la rabbia che negli adolescenti è fisiologico effetto collaterale del venire a patti col mondo.

L’aumento del bullismo è probabilmente anche collegato a questa miscela di furore e disorientamento precoce di ragazzi che non trovano negli adulti né porti sicuri né strutture affettive in grado di contenere e indirizzare le loro emozioni negative. Quando si è arrabbiati e spaventati, si prende a calci tutto ciò che capita a tiro. Peggio per lui, o per lei, che incrocia in quel momento la strada.

Ma il bullismo non è lo scatto d’ira, il litigio, la rissa. È la volontaria e tenace persecuzione di chi è più solo. Il bullo sceglie la vittima, le fa il vuoto intorno e poi attacca. E il processo suppone un «cerchio magico» di adepti inclini a farsi strumentalizzare dal bullo pur di sentirsi parte del «gruppo giusto», in fondo timorosi di diventare loro la vittima sacrificale e perciò alacri nell’ infilzare spilli negli altri. Il web fa il resto. Velocizza, amplifica, certifica irreparabilmente la messa al bando. Il venticello della calunnia diventa uragano in tempo reale. È solo a questo punto che, di solito, gli adulti - se va bene - si «accorgono» di qualcosa. Ma è prima che occorre leggere i segni, intercettare, smantellare le nascenti aggregazioni di pecore malevole, tanto più cattive quanto più pecore. Il coro è sempre più pericoloso del leader, che da solo potrebbe fare ben poco. Ma adulti che per primi si affannano a presenziare sui social pur di «sentirsi parte», sono in condizione di leggere i segni dei loro figli e allievi? Cogliere il vento, è arte solitaria.

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