I soldi alle banche
e l’etica dei doveri

Proprio nel giorno del tormentato voto di fiducia sulla legge di salvataggio delle Banche venete, si è svolta ieri l’Assemblea annuale dell’Abi, la confindustria bancaria, un potenziale e simbolico luogo-bersaglio delle tante polemiche che segnano da tempo i dibattiti sulla finanza. Tema su cui si è detto e visto di tutto. Ancora martedì, nell’Aula della Camera, erano stati ostentati i salvadanai, in nome della difesa del risparmio, dagli stessi che tentavano di bloccare l’unico, ancorché tardivo, provvedimento possibile per la difesa, nell’epoca del bail in, delle più folte categorie colpite dalla mala amministrazione di quelle banche. Impedendo cosi, tra gli altri, anche la votazione dell’emendamento proposto dal relatore, il bergamasco Giovanni Sanga, volto ad estendere la platea dei risparmiatori da aiutare. Provvedimenti in cui si usano denari di tutti (a cominciare dallo stesso sistema bancario), e purtroppo anche dello Stato (che mette sul piatto una cifra tra i 5 e i 17 miliardi, sperando, dice Padoan, di non doverli tirar fuori tutti e soprattutto di recuperarne gran parte), ma che evitano quel disastro sistemico – ben più gravoso - che sia il Governatore Visco, sia il Ministro dell’economia, hanno definito scongiurato, con tanto di parole buone persino del mastino tedesco Schauble.

Ma, si sa, se non si riesce a distinguere il salvataggio di una istituzione da quello degli uomini che l’hanno colpevolmente guidata, queste leggi finiscono per diventare dei decreti salva-banchieri (tutti sotto processo, in realtà), alimentando così il clima complessivo anti-establishment che genera a sua volta sfiducia.

Ma, nell’ovattata atmosfera del palazzone Eur in cui l’Assemblea si è svolta, le parole più dure contro i banchieri incapaci o disonesti sono state pronunciate proprio dal capo dei banchieri, il presidente Abi Antonio Patuelli. In una relazione ricca di riferimenti all’etica del risparmio, Patuelli ha espresso «indignazione» per certi comportamenti dei suoi ex colleghi, che un tempo non molto lontano sedevano in quella stessa platea. Per questo, affermando che «il presupposto morale dell’economia non è la soddisfazione degli egoismi, ma l’espletamento innanzitutto dei doveri», il presidente Abi ha citato Papa Francesco che a sua volta aveva evocato Einaudi per distinguere tra i buoni imprenditori e gli speculatori dell’«economia senza volto e spietata».

Un monito opportuno, di fronte ad una Assemblea cui sia Visco che Padoan hanno rivolto parole di convergente ottimismo sulla piccola ripresa in atto, parole che potevano essere fin troppo confortanti quando non autoassolutorie, rispetto alle critiche sulla mancata vigilanza, tant’è che il Governatore ha dovuto precisare che non ci si può «sostituire agli amministratori delle banche nella definizione delle decisioni d’impresa», ritagliandosi solo il compito di «richiamare i responsabili delle decisioni strategiche a valutare opportunità e rischi del nuovo contesto». Forse un po’ poco, per chi ha visto sfumare risparmi di una vita ed è appeso ad un voto di fiducia della politica.

Ma ci sono state anche notizie buone. Ad esempio l’incremento delle aggregazioni bancarie anche in funzione anti crisi, la diminuzione dei crediti deteriorati nonostante le lacune della giustizia civile, gli spiragli Ecofin sulla realizzabilità di una bad bank, la richiesta di una moratoria dopo l’eccesso di interventi regolatori (1247 nel solo 2016, 5 al giorno) puntando piuttosto ad una «Basilea» intercontinentale, la ribadita fiducia nell’euro, argine contro una sudamericanizzazione della nostra economia. E, secondo Visco, il prossimo ritorno del sistema bancario alla reddittività, ai dividendi, alla fiducia della Borsa. Con Patuelli che ha ricordato che, a proposito di Europa, i tassi medio dei prestiti alle piccole imprese è oggi del 2,13% rispetto al 2,19% europeo. Naturalmente, dimenticando per un attimo che il Quantitative easing di Draghi durerà ancora poco…

© RIPRODUZIONE RISERVATA