Il Padre nostro
Dio non è tentatore

Poche righe e poche parole. Il Padre Nostro è una preghiera semplice, facile. Concentra tutto il Vangelo, anzi lo riassume. Potrebbe bastare il Padre Nostro al cristiano. In fondo è l’unica preghiera che Gesù ha insegnato e vorrà pur dire qualcosa. È per questo motivo che la traduzione delle parole del Padre Nostro hanno sempre appassionato. E non solo la Chiesa cattolica, ma anche le Chiese protestanti e le Chiese bizantine. Se è vero che il Padre Nostro rappresenta il nucleo della fede allora le traduzioni devono essere accurate e soprattutto efficaci, perché i popoli del mondo capiscano cosa significa nella propria cultura e nella propria storia. E naturalmente in ogni tempo.

Il Padre Nostro è stato tradotto in più di mille lingue. Ma oggi per la prima volta un Papa interviene direttamente dicendo che una parte della preghiera è tradotta male, è sbagliata e dunque non si capisce, anzi le parole possono essere fraintese al punto da cadere in un errore teologico capitale, al punto di sbagliare a dire chi è Dio.

Ma sulla traduzione di quelle parole non è da adesso che si discute. Perché dunque Papa Francesco è intervenuto? Fino al Concilio quando la Messa era in latino, bastava la devozione e non era importante la comprensione. Il Concilio invece ha cambiato le cose, una Chiesa più amica, più vicina, un linguaggio che bussava al cuore e alla ragione. Il Concilio ha spiegato che a Dio bisognava dare del tu e non più del voi, semantica barocca e lontana, proprio come si usa nel Padre Nostro. Dopo il Concilio si sono fatte tante nuove traduzioni della Bibbia per comprendere meglio in Vangelo. Vale anche per il Padre Nostro. Per questo motivo Bergoglio ha detto che la questione della tentazione, cioè la frase «non indurci in tentazione» del Padre Nostro è una traduzione sbagliata. In realtà su quella frase e su quella traduzione si discute da sempre. In Francia, che insieme al Belgio e al Benin hanno deciso di cancellare l’«indurci» con una più chiara «non lasciarci entrare in tentazione», da 50 anni una commissione di settanta esperti lavora ad una traduzione della Bibbia e ha fatto delle modifiche qui e là. Ma anche in Italia la frase è cambiata nella traduzione della Bibbia della Cei del 2008, ma il testo del Padre Nostro del Messale è rimasto lo stesso di prima. La traduzione italiana dice «non abbandonarci alla tentazione» e sarebbe la traduzione più giusta, perché, come ha spiegato Francesco non si può dare a Dio la responsabilità di indurci in tentazione e quindi non lo si può invocare per non, appunto, indurci in tentazione. Bergoglio ha spiegato infatti che non è Dio che induce in tentazione, ma Satana. Il Papa è preoccupato che si capisca il significato e si agisca di conseguenza.

Non gli interessa una traduzione fedele al testo greco e latino, ma al significato che le parole e i concetti evocano nelle diverse lingue. Quando una persona è tentata ed è consapevole di esserlo è allora che deve pregare chiedendo al Signore di fare qualcosa. La questione della tentazione non si capisce tuttavia senza il resto della frase, l’ultima del Padre Nostro, quel «...ma liberaci del male», che completa il concetto. È la relazione ciò che conta, la relazione tra Dio e gli uomini è la questione decisiva per tutto. Vale per il pane quotidiano e per il debito, perché anche qui l’uomo è tentato di tenere tutto per sé, immemore dell’amore che il Vangelo insegna in ogni sua pagina per cui per metterlo in pratica ogni giorno noi abbiamo bisogno di uno che ci tenga la mano sul capo e quando sterziamo verso le tentazioni suoni l’allarme alla nostra superbia.

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