Il treno di Renzi
alla prova generale

Il treno di Renzi in giro per l’Italia rischia di finire sul binario morto in Sicilia: le Regionali di domani mettono in palio questo, insieme con la sfida fra centrodestra e grillini. L’isola sa essere selettiva, perché ha più bisogno della politica rispetto, per esempio, ad una Lombardia che può contare su un’economia e una società civile forti. La Sicilia si conferma un laboratorio politico capace di abbattere le barriere geografiche e, in questo caso, prova generale di quel che potrebbe succedere l’anno prossimo. In campagna elettorale non s’è parlato, pur con qualche eccezione, del merito e dei mali storici (la questione degli «impresentabili» è finita nel tritatutto della cucina), anche perché la ribalta è stata rapita dalla dimensione nazionale.

Un’invasione che ci sta tutta per il peso specifico e simbolico del territorio. A Palermo ci sono tutti, manca solo Renzi che è da Obama. Grillo è in pianta stabile, non dimentico peraltro di quella nuotata vittoriosa con relativo sbarco elettorale d’esordio. Salvini, in trasferta in un territorio inconsueto e tutto da inventare ma finora non generoso, confessa di sentirsi come a casa. Berlusconi, rinchiuso nel confortevole format dei popolari europei, gioca la partita del rientro, convinto che l’ultimo incidente giudiziario piovuto giusto in tempo (indagato a Firenze, come atto dovuto, per le stragi di mafia del ’92 e ’93) non sia un intralcio bensì un assist nell’urna.

L’unico assente è Renzi, e si capisce, ma ciascun attore porta il fardello delle proprie contraddizioni. Il Pd paga il prezzo del bilancio negativo della Giunta Crocetta e la debolezza del candidato, il rettore Micari, uomo dal profilo civico con una certa autonomia dai partiti. Da qui il tentativo di Renzi di confinare quello siciliano a voto locale. Non è così e, poi, tutto dipende dal punto in cui viene fissato il perimetro dell’uscita di sicurezza.

Già il terzo posto sarebbe una pesante sconfitta. Ancor peggio, con contraccolpi sulla classe dirigente nazionale, se l’uomo del centrosinistra dovesse finir dietro o incollato a Fava, il candidato della sinistra-sinistra. Comunque vada, un pezzo di partita nel centrosinistra e dintorni potrebbe riaprirsi, in termini sfavorevoli per il leader: i suoi avversari interni e l’ala dalemian-bersaniana aspettano solo questo, in riva al fiume. I grillini, dati con grande anticipo protagonisti di una marcia trionfale, paiono aver subito una battuta d’arresto, complice anche qualche oltranzista: il solo motivo di sollievo per il centrosinistra. Un rallentamento, comunque, niente di più.

Resta da vedere se l’isola tira la volata ai 5 Stelle per il gran finale delle Politiche. In questo cambio di fase il vero competitore è il ritrovato Berlusconi, che insegue due obiettivi. Il primo è il proporsi come diga anti populista, sottraendo questo ruolo a Renzi e alzando in esclusiva il vessillo dell’Italia moderata. Il secondo è il ridefinire, disciplinandoli a proprio vantaggio, i rapporti con la Lega. Se, infatti, il bacino di consensi di Salvini sembra aver raggiunto il massimo, l’ultimo Berlusconi, viceversa, viene dato ancora in fase espansiva.

L’ex Cavaliere cerca il colpaccio: mettere ordine in casa e scegliersi l’avversario. Non Renzi, ma Grillo. Per contro il match tv di martedì Renzi-Di Maio racconta, viceversa, che il conflitto rimane a tre, non a due. Per come si stanno mettendo le cose, poco importa a Berlusconi che il suo neo moderatismo sconti l’ambiguità di imbarcare il sovranista Salvini. E lo stesso vale per quest’ultimo che, nel mentre cerca l’avventura sudista, nel Lombardo-Veneto è rispuntata l’anima nordista al recente referendum con quel che significa un certo retroterra culturale sotto traccia.

Per il momento nel centrodestra non volano più gli stracci, ma i comizi sono rimasti separati e la frettolosa cena a tre s’è rivelato un rammendo. Relazioni non pacificate e neppure è automatico che lo schema gerarchico della Sicilia si riproponga a livello nazionale, come vorrebbe il leader di Forza Italia. Gli interessati sanno comunque che il primo a pagare pegno sarà Renzi. La tempra abituata all’attacco e all’azzardo uscirà indebolita, con la sensazione di sentirsi accerchiata da entrambi i lati, e qui entrano in gioco i rapporti di forza con ciò che si agita a sinistra del Pd.

Il primo appuntamento è la legge di bilancio per capire se si possono aprire in extremis punti d’intesa per recuperare quello spazio di coalizione previsto dalla nuova legge elettorale. Un negoziato in salita, su due tavoli: pensioni e ticket sanitari. Il passo ulteriore sarà lo ius soli, questione molto delicata e iperpolitica. Ricordando, infine, che un’ipotetica affermazione del centrodestra in Sicilia equivarrebbe pure ad un avviso ai naviganti del Nord in vista della battaglia per il Pirellone.

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