La droga e i giovani
Gli adulti in fuga

È certamente una bella notizia quella dell’apertura della nuova comunità per minori di Aga, inaugurata ieri a Pontirolo. Ma è una bella notizia che in realtà ne copre una brutta. Se oggi infatti la comunità di quel territorio ha urgenza di una struttura così (e ha la fortuna di poter contare sull’esperienza e sulla competenza umana di una realtà come Aga) è perché troppi ragazzi sono finiti sul piano inclinato del consumo di nuove droghe. E tutto questo è accaduto senza che si alzasse nessun particolare allarme sociale. Se di droghe in questi anni si è parlato è solo per il dibattito, che alla luce dei fatti suona davvero un po’ accademico, sulla liberalizzazione delle droghe leggere.

Intanto sul piano della realtà accadono fenomeni attorno ai quali regna un silenzio surreale. I dati del rapporto del progetto Espad (European school survey project on alcohol and other drugs) di due anni fa ci avevano avvertito di quello che sta accadendo a livello di mondi giovanili: tra gli studenti europei di 15-16 anni sta crescendo in modo preoccupante l’uso delle nuove sostanze psicoattive (Nps) e delle dipendenze comportamentali. I dati che riguardano l’Italia sono superiori alle medie europee: il 4% degli studenti ha sperimentato le nuove sostanze psicoattive almeno una volta, mentre il 3% ha riferito di un uso recente. L’offerta delle Nps inoltre è in continua evoluzione e sempre difficile da intercettare rispetto al mercato delle classiche droghe illegali.

Sono fenomeni ai quali a livello pubblico si dedica un’attenzione molto distratta perché a differenza delle vecchie tossicodipendenze non hanno ricadute sociali immediate e drammatiche. È un fenomeno carsico, che non genera marginalità ma le cui conseguenze spesso non sono meno pesanti a livello di biografie personali. Oggi assistiamo a un «disimpegno» generalizzato rispetto al problema della nuova droga, che tutt’al più viene recepito come problema di controllo sociale per il contenimento delle devianze. Il disimpegno inoltre è il terreno ideale che permette alle organizzazioni criminali che controllano il mercato di agire indisturbate e di conquistare nuovi «consumatori».

Ma come spiegare le ragioni di questo disimpegno? La parola «consumatore» non è usata a caso. Il consumatore è diverso dalla figura del tossicodipendente di un tempo, perché dovrebbe essere in grado di scegliere. Il consumatore di droghe in teoria si è liberato dal rischio della dipendenza. In realtà si trova in una condizione illusoria. La libertà di scelta infatti nella gran parte dei casi non riguarda se prendere sostanze o meno, ma quali sostanze provare. Insomma siamo davanti ad una situazione in cui la varietà infinita dell’offerta (e quindi della tentazione di nuove esperienze da provare) illude di essere sempre nel controllo della situazione. Si può cambiare sostanza, si può non consumarla ogni giorno, si può contare in caso di eccessi del paracadute di un Pronto soccorso...Il problema è che non sono solo i ragazzi a vivere dentro questa illusione, bensì il mondo adulto. Un mondo adulto in fuga che non ha il coraggio guardare in faccia la realtà. Di qui il disimpegno: un atteggiamento che è frutto di una rinuncia ad una responsabilità educativa da parte di un mondo adulto che troppo spesso sembra non voler uscire da una condizione adolescenziale e che è ancora condizionato da dibattiti tutti ideologici in materia di droghe.

Il disimpegno poi si carica di un’altra colpa grave: quella di non capire l’importanza della prevenzione. La prevenzione non è solo controllo ma impegno ad affrontare i malesseri che sono naturali nella vita di ogni giovane.

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