La lunga battaglia
contro il il Califfato

La battaglia per la definitiva eliminazione del Califfato si arricchisce ogni giorno di nuove complicazioni. La coalizione che sta, con grande fatica e mille contrasti, tentando la riconquista di Mosul aveva ipotizzato a un certo punto di lasciare agli jihadisti un corridoio di fuga verso la Siria, per risparmiare alla città e al suo milione e mezzo di abitanti la sorte di Aleppo. Ma, in seguito a informazioni raccolte dai servizi americani, questo non è più fattibile: Mosul dovrà essere liberata strada per strada, casa per casa. Se, infatti, si permettesse ai suoi difensori di ripiegare su Raqqa, si moltiplicherebbe il pericolo di una raffica di attentati terroristici in Occidente.

Da documenti segreti procurati da infiltrati, risulta infatti che nella «capitale» siriana del Califfato sono in preparazione, in alcuni casi già avanzata, nuove operazioni suicide in vari Paesi europei (Italia compresa) e possibilmente anche negli Stati Uniti; e se agli aspiranti kamikaze già disponibili in loco si aggiungessero i reduci da Mosul, tra cui alcune centinaia dotati di passaporto della Ue e pronti a rientrare in patria , il pericolo raddoppierebbe. L’allarme è talmente elevato che gli americani stanno progettando un attacco a Raqqa, prima ancora della conclusione della battaglia per Mosul. L’operazione allo studio dovrebbe svolgersi in tre fasi e cominciare tra poche settimane: intensificazione dei bombardamenti, isolamento della città e sua occupazione da parte di milizie siriane sunnite armate dagli americani e sottoposte in questo momento a un corso di addestramento accelerato.

Ma visto che gli americani non vogliono impegnare altre truppe sul terreno, a chi affidare queste due operazioni contemporanee, che richiedono molte migliaia di uomini? Per Mosul si sono mobilitati l’esercito di Bagdad, i peshmerga iracheni e alcune milizie sunnite, ma ora alla battaglia vogliono prendere parte anche i turchi, che fino a un secolo fa erano padroni della città, mantengono con lei forti legami e sostengono di dover proteggere la popolazione sunnita e turcomanna da probabili rappresaglie del governo sciita. Ankara ha già - illegalmente - circa 800 uomini bene armati e addestrati in una base a nord di Mosul, ma Bagdad ha messo in guardia Erdogan dall’intervenire, minacciando addirittura di attaccare le sue truppe. I peshmerga, dal canto loro, non sono entusiasti di versare sangue per la conquista di una città che si trova al di fuori del territorio curdo e da cui - sembra - sarebbero tenuti a ritirarsi appena finita la battaglia. Quanto alle milizie sciite sostenute dall’Iran, non chiederebbero di meglio che entrare nella città più sunnita dell’Iraq, ma Washington e Bagdad hanno messo il veto per timore di una carneficina.

Se è difficile tenere unita la coalizione per l’attacco a Mosul, quello a Raqqa presenta difficoltà ancora maggiori. Gli americani, che hanno non più di 500 uomini sul terreno ma sono l’unico collante tra le varie fazioni, contano soprattutto sui peshmerga siriani dell’Ypg, protagonisti della battaglia di Khobane e considerati i migliori combattenti della regione. Ma per la Turchia essi non sono altro che una filiazione del Pkk, l’organizzazione classificata «terroristica» che insanguina da decenni le sue province orientali. Far collaborare le due parti è dunque impossibile. Ma senza di loro, il Libero esercito siriano, costituito da sunniti moderati e armati dalla Cia, non verrà mai a capo degli jihadisti di Raqqa. Forse, visto che l’Isis è un nemico comune, sarebbe utile una sia pur solo contingente collaborazione con l’esercito di Assad.

Questo, tuttavia, non è accettabile agi americani, sia perché avversano il dittatore sia perché comporterebbe il coinvolgimento nell’operazione della Russia, in un momento in cui le tensioni Mosca-Washington sono altissime. La inevitabile conclusione è che la caduta del Califfato non è così imminente come si sperava. Nello stesso tempo, aumentano le preoccupazioni sul «dopo». Chi controllerà Mosul? Chi si insedierà a Raqqa? Come si svilupperà il conflitto curdo-turco? L’intreccio degli interessi e delle alleanze è talmente complicato, che - sconfitti gli jihadisti - potrebbe aprirsi una fase ancora più delicata.

© RIPRODUZIONE RISERVATA