La ripresa agganci
il futuro dei giovani

Il numero è stampato nero su bianco, 4,4%, e quasi non ci si crede. È quello che rappresenta il tasso di disoccupazione in provincia di Bergamo nel primo semestre 2017, secondo le elaborazioni di Camera di commercio, frutto di un aumento degli occupati del 2,5% . Le previsioni lasciano addirittura sperare in un risultato «ancora più soddisfacente a fine anno». Numero ancora più positivo se rapportato alle previsioni sull’Italia diffuse ieri dalla Commissione Ue che parlano di una disoccupazione, sì in leggera diminuzione, ma che alla fine del 2017 sarà comunque all’11,3%, il 10,9% nel prossimo anno.

In sostanza, più del doppio rispetto a Bergamo. Nell’Eurozona per il 2017 sarà al 9,1%, «il livello più basso dal 2009» sottolinea Bruxelles.

E così, nel giorno in cui arrivano i dati sulla congiuntura economica bergamasca relativi al terzo trimestre dell’anno che, misurando le fredde cifre dei bilanci delle imprese, la produzione, gli investimenti e le vendite, parlano di una crescita che ormai si consolida, i numeri positivi sull’occupazione trasferiscono gli effetti di questa ripresa direttamente sulle famiglie, sui redditi, sui consumi.

Il balzo c’è, è indubbio. Lo dicono i dati della Camera di commercio che fotografano una rinnovata vitalità dell’industria bergamasca cresciuta negli ultimi nove mesi di un lusinghiero 2,2%, Lo dice il «sentiment» che si raccoglie parlando con gli imprenditori bergamaschi (a ottobre la fiducia è migliorata per il quinto mese consecutivo) che dopo anni di cupezza sembrano aver ritrovato la voglia di investire. Spinti, è bene però ricordarlo, dai forti incentivi fiscali previsti dal Piano Calenda sull’Industria 4.0 per favorire l’innovazione e la digitalizzazione delle aziende e farle restare al passo dei competitor internazionali. Germania in primis.

Detto questo, le previsioni di un’ulteriore crescita, in particolare della manifattura orobica, sono positive. Bergamo, dunque, è riuscita a smentire, come giustamente ha ricordato il presidente di Confindustria Stefano Scaglia martedì nel corso dell’assemblea dell’associazione, le previsioni fatte 15 anni fa dagli esperti dell’Ocse che parlavano di rischio deindustralizzazione per il nostro territorio. Il tutto, senza aver ancora superato la congenita allergia dei bergamaschi al gioco di squadra (eccezione fatta per l’Atalanta) e quella difficoltà a guardare al di là dell’interesse della propria bottega. Atteggiamenti autolesionisti che vanificano gli effetti delle iniziative messe in campo per favorire la crescita comune. Il caso «Hub dell’innovazione», docet. Detto questo, l’economia bergamasca non è certo più quella di dieci anni fa quando la crisi è iniziata. Tanti i posti di lavoro persi e, per ora, solo parte di quelli che stanno nascendo sembrano avere la stessa «qualità» dei precedenti. La percentuale dei contratti precari resta alta, più della metà secondo l’ultima elaborazione Excelsior. La necessità di stabilizzarli, di dare forma concreta al clima di generale fiducia che si respira, è il richiamo costante che arriva non solo dal sindacato. Soprattutto perché è un problema che riguarda quasi esclusivamente i giovani, penalizzati doppiamente. Non solo devono fare i conti con le tradizionali difficoltà ad accedere ad un mercato del lavoro ingessato, con opportunità ridotte soprattutto per chi non ha le competenze giuste. Pure quando il posto di lavoro lo trovano, il più delle volte, si trovano a fare i conti con l’offerta di precarietà. E questo, in settori come quello dei servizi, riguarda anche i profili professionali più alti. Il rischio di una polarizzazione, tra chi entra stabilmente nel mondo del lavoro e chi è lasciato costantemente sull’uscio, è molto alto. Lasciarsi affascinare dai numeri del momento, sia pure positivi, non deve far perdere di vista il quadro più generale. Progettare a lungo termine iniziative che favoriscano l’occupazione stabile giovanile dovrebbe essere tra i primi punti sull’agenda di ogni uomo di politica e d’impresa.

Iniziative come quella messa in campo spontaneamente da oltre venti sindaci della provincia per affrontare concretamente l’emergenza povertà che riguarda anche la «ricca» Bergamo la dicono lunga su quanto il nostro territorio non possa dirsi tranquillo pure di fronte a dati così positivi che parlano di ripresa e confermano il superamento della parte più dura della crisi. Guardare al bicchiere mezzo pieno è sempre buona cosa, aiuta. Lo è altrettanto ricordarsi di chi fa i conti però ogni giorno con quello davvero mezzo vuoto.

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