L’Atalanta e le notti
che restano

Era un anno fa. L’Atalanta stava facendo sgranare gli occhi al mondo che segue il calcio. Se oggi ci guardano per i disastri della Nazionale e i teatrini di Tavecchio, un anno fa ci guardavano per questa squadretta vicino Milano che faceva tremare tutto e tutti. E si diceva: questa Atalanta sembra il Leicester. Sì, il Leicester: la squadra divenuta fiaba, che parte dai bassifondi e vince lo scudetto. Tutto e tutti non tremavano, contro la squadra di Ranieri: perdevano proprio. Era esattamente un anno fa, e su questo giornale intervistavamo Claudio Ranieri, l’allenatore che quella leggenda l’ha vissuta e costruita punto dopo punto. Prima sorridendo, poi sognando, infine credendoci e vivendo il trionfo.

Ma. Alla fine, c’è l’anno dopo. E l’anno dopo di Leicester ricordiamo bene cos’è stato. Spogliatoio spaccato, squadra nei bassifondi, Ranieri da eroe cittadino a reietto, esonerato, partito una mattina pallido come un cencio con la valigia appena fatta. E poi il Leicester va forte in Champions ma si salva appena, e ora un’altra stagione semianonima.

L’Atalanta dell’anno scorso non ha fatto come il Leicester: non ha vinto lo scudetto. Ma a modo suo ha fatto come il Leicester: è arrivata oltre - molto oltre - ogni possibile aspettativa. Ha fatto molto più del massimo. È arrivata quarta con una stagione da leggenda, dietro solo ai «mostri» della serie A e davanti a tutte le altre, milanesi comprese. L’anno scorso non era Bergamo vicino Milano: era Milano - calcisticamente parlando - vicino a Bergamo.

Poi è arrivato il sorteggio, il 25 agosto. Everton e Lione, più Atalanta e Apollon per due posti. Una è di troppo, hanno pensato tutti, presagendo che qualificarsi ai sedicesimi sarebbe stato assai complicato, e che l’Europa dell’Atalanta avrebbe avuto due confini ben definiti: Atalanta-Everton, 14 settembre, e Atalanta-Lione, 7 dicembre. Oltre, non sarebbe stato possibile andare.

Invece questa squadra meravigliosa, sostenuta da un affetto che è folle e infinito, ha saputo spostare in là l’orizzonte dell’Europa. Adesso guardiamo ai sedicesimi, e vada come vada. Sarà ugualmente affascinante incontrare una squadra di seconda fascia, e magari ambire agli ottavi. Oppure incontrare la squadra più forte mai incrociata prima, e andare a casa dopo aver vissuto la fiaba delle fiabe. A quel punto da questa squadra non si potrà più pretendere nulla: i sogni già adesso sono ai tempi supplementari, anche se vorremmo che l’arbitro non facesse mai suonare la sveglia.

Certo, poi magari lunedì sera si farà una certa fatica anche contro il Benevento. È capitato alla Juventus qualche settimana fa, può capitare anche all’Atalanta. Che è bellissima, ma resta l’Atalanta. Questo nessuno se lo deve mai scordare, quando magari vien da storcere il naso di fronte ad alcuni risultati così così della domenica. Se vuoi un piatto di pasta al pomodoro, paghi un prezzo. Se la pasta la vuoi col caviale, paghi un altro prezzo. Questa Atalanta finora il giovedì è stata caviale della marca migliore, quindi la domenica occorre metter mano al portafoglio dei punti, e cedere qualcosa.

Ma pazienza. Adesso, trent’anni dopo, ricordiamo il Merthyr, l’Ofi Creta, lo Sporting e il Malines. La Dinamo, il Colonia. Dei risultati della domenica dopo, alzi la mano chi ricorda qualcosa. Ricordiamo che alla fine i nerazzurri strapparono promozioni e salvezze, ma siamo sempre stati disposti a perdonarli per aver faticato più del previsto, magari con la lingua penzoloni.

Mentre la squadra e tremila bergamaschi sorvolano la Manica per tornare a casa, rendiamocene conto: queste notti resteranno nostre per sempre.

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