L’azienda Italia
e i capri espiatori

L’Unione europea insiste: il debito deve calare. In piena euforia di crescita dopo l’1,8% in più di Pil rispetto al terzo trimestre del 2016 l’Italia non riesce a capire perché si debba parlare ancora di aggiustamenti di bilancio. La sindrome dello zero virgola attiva la fantasia di chi vede il Paese ostaggio di Bruxelles. Un equivoco va chiarito: il debito italiano è cresciuto e nonostante i vantaggi della politica monetaria della Banca centrale europea con interessi di fatto azzerati non si vedono segni di inversione di tendenza. Eravamo all´inizio dell’anno a 2.250 miliardi di debito delle pubbliche amministrazioni, adesso siamo a quota 2.283. Si calcola che l’aumento delle spese del Tesoro quando verrà meno lo scudo della Bce sia di 25 miliardi. Il ministro delle Finanze Gian Carlo Padoan ribadisce l’obiettivo del deficit a zero per il 2020, ma è difficile credergli anche perché per quella data il governo sarà un altro e visti gli scenari politici non è detto che sia per il meglio. La paura d’Europa è che l´instabilità politica si coniughi con il mancato risanamento dell’economia. Un percorso quest’ultimo che è ben lungi dall´essere compiuto. È lo stesso cittadino a percepirlo: se tutti i media parlano di crescita e questo non si riflette sui bilanci familiari la delusione e il disincanto crescono.

Manca nel dibattito politico quello che al di fuori dei confini appare evidente: la produttività dei fattori che determina la crescita di valore nel 2016 è diminuita dello 0,4%. Vuol dire che il sistema legato al progresso tecnico e all’efficienza dei processi produttivi segna il passo. La cosa in verità stupisce perché se andiamo a guardare da vicino i risultati della crescita registrata negli ultimi mesi vediamo incrementi sia nelle esportazioni che nei consumi interni, senza contare i settori tecnologicamente avanzati che rientrano nel programma di innovazione Industria 4.0. Se guardiamo all’asse A4 Milano -Bergamo- Brescia- Verona veniamo a scoprire che l’indice di disoccupazione è più basso della lodatissima Germania.

E lo stesso si può dire dell’Emilia Romagna che vanta un’industria unita all’agricoltura e al turismo di avanguardia. C’è quindi qualcosa che non funziona se alla fine poi l’azienda Italia nel suo insieme non riesce a totalizzare risultati al pari dei suoi concorrenti. Vuol dire che un’altra parte del Paese non solo non tiene il passo ma retrocede e diventa una palla al piede per chi produce e potrebbe andare più spedito. Dal dopoguerra in poi sino alla fine del secolo scorso l’accordo tacito fra la classe politica e quella produttiva era che Roma chiudeva un occhio sui versamenti fiscali mentre il Nord industriale restituiva il favore tacendo sul clientelismo politico. Poi il sistema saltò e Mani pulite certificò il fallimento. Forse pervade il Paese ancora l’onda lunga di questo equivoco . La verità è che il Nord ha pagato con migliaia di fallimenti la crisi di questi anni e pensare di far aggio sulla crescita dei settori più trainanti dell’economia per sostenere l’assistenzialismo al Sud è un paradigma che non tiene più. Pena la fine dell’Italia industriale. Per far capire il concetto basti dire che nel periodo 2000-2016 la produttività del lavoro in Sicilia è calata del 9,6% , il doppio del calo italiano che già di suo non è di poco conto. Fanno quindi impressione le notizie di cronaca di questi giorni in Sicilia: un neo eletto all’Assemblea siciliana agli arresti domiciliari per evasione fiscale, un altro cosiddetto deputato del parlamento isolano, fresco di investitura popolare, indagato per aver comprato voti al prezzo di 25 euro cadauno, il primo dei non eletti ai domiciliari con l’accusa di estorsione nei confronti dei suoi dipendenti. Accuse che abbracciano l’intero arco politico. Un degrado morale e di costume. Senza contare la presenza della mafia, silente ma operante. È quindi necessario un bagno di umiltà e finalmente riconoscere che i problemi dell’economia italiana sono nati qui e qui devono essere risolti senza cercare capri espiatori in Europa.

© RIPRODUZIONE RISERVATA