Lombardia e Sicilia,
sinistra in affanno

La preparazione delle prossime elezioni regionali prefigura le tensioni che ci saranno in primavera, quando si voterà per il rinnovo delle Camere. Questo vale per la Sicilia, che vota a novembre, ma anche in Lombardia, dove si andrà alle urne nel 2018. Con alcune differenze, però. A Nord si sta battendo la strada delle primarie di coalizione: il Pd è disponibile a farle perché tenta di legare gli scissionisti bersaniani ad una logica di alleanza (che valga anche in caso di loro sconfitta: nessuno lo dirà mai ma evidentemente brucia il precedente della Liguria nel 2015 quando Sergio Cofferati, candidato governatore della minoranza del Pd sconfitto alle primarie dai renziani, per ritorsione promosse un proprio candidato che portò via ai democratici un tanto di voti e così regalò al centrodestra una vecchia fortezza «rossa»).

In ogni caso, sono tentativi di dialogo che potrebbero anche essere coronati da successo. In Sicilia invece si va direttamente alla rottura tra le varie anime del centrosinistra con conseguenze al moltiplicatore sul piano nazionale. In Sicilia il nodo è – e sarà anche a Roma e ovunque – l’alleanza del Pd con i centristi moderati, insomma con Angelino Alfano. Mentre il Pd e Leoluca Orlando hanno individuato un candidato «civico» come il rettore di Palermo Micari su cui anche Alternativa Popolare di Alfano può convergere col suo consistente pacchetto di voti (nell’isola il ministro degli Esteri conta su un dieci per cento di voti), la sinistra bersaniana e gli ex di Rifondazione Comunista hanno deciso di sfilarsi: «Noi con gli ex berlusconiani non ci alleeremo mai, né oggi né mai», hanno proclamato, e hanno deciso di candidare Claudio Fava, figlio di del giornalista siciliano ucciso dalla mafia Pippo Fava e noto come il segretario dei Ds che nelle elezioni del 2001 non fece eleggere in Sicilia un solo parlamentare, regalando una vittoria totale a Forza Italia. Fava, come in Liguria nel 2015, sicuramente raccoglierà quella percentuale di voti che potrebbe fare la differenza.

In Sicilia tutti i sondaggi danno per vincenti i grillini (presentano per la seconda volta il candidato Cancelleri che sia Di Maio che Di Battista durante l’estate si sono molto impegnati a sostenere) ma un centrodestra di nuovo unito sul nome di un uomo popolare come Nello Musumeci è un avversario assai temibile. Conclusione: il centrosinistra diviso potrebbe non partecipare alla vera gara per il primo posto sul podio. Anche perché il governatore uscente Crocetta, per quanto molto in declino, ha deciso che si presenterà comunque alle elezioni, e i suoi voti saranno sottratti al centrosinistra. In tutto ciò c’è un problema nel problema: Giuliano Pisapia. Che farà l’ex sindaco di Milano? Lo stanno tirando tutti per la giacca. Il Pd gli dice: sostieni Micari, solo così possiamo evitare che la Sicilia finisca nelle mani dei grillini o della destra. Dall’altra parte i bersaniani gli ribattono: «Caro Giuliano, se a Palermo porti acqua al candidato del Pd e di Alfano, l’alleanza nazionale con noi diventa molto aleatoria, anzi potrebbe anche saltare». Sussurrano che Pisapia abbia preso qualche giorno di ferie in più per riflettere, e c’è già chi dice che alla fine non sceglierà, declassando la faccenda a «cosa locale» di cui si devono occupare i siciliani. Ma la contraddizione resta: quando ci saranno le elezioni politiche Renzi gli chiederà di stare dalla sua parte, cioè di un Pd non sbilanciato con l’estrema sinistra e semmai pronto ad allearsi con i moderati pur di fermare i grillini. E a quel punto Pisapia dovrà scegliere una volta per tutte se stare con Renzi o con Bersani.Insomma, in Lombardia come in Sicilia il campo progressista fa i conti con le contraddizioni che hanno reso incerto il suo cammino negli ultimi anni.

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