Militante o dimesso
il tema è la solitudine

Alcune decine di preti della diocesi stanno preparando il trasloco. Cambio di parrocchia. In questo stato di fatto, tipico di ogni estate, viene la voglia di quelle domande che non si pongono quasi mai perché sono troppo semplici. Oppure sono così generali che bisognerebbe scriverci un libro. E allora meglio non parlarne. Una di quelle domande – ripeto: semplici e difficili – è quella di sempre: che senso ha fare il prete oggi? Figuriamoci: bisognerebbe parlare e di Chiesa, e di prete, e di società moderna, e di altre religioni e di parrocchia, e di diocesi e delle sue necessarie e complicate riforme… Insomma: un trattato. Allora facciamo un esercizio modesto e ragionevole. Fermiamoci su un piccolo punto, piccolo piccolo, e cerchiamo attraverso di quello di spiare qualcosa dei grandi sommovimenti in corso.

Domanda: qual è lo stato d’animo dominante del prete oggi? E non del prete in Patagonia, ma di quello che vive qui, in quel di Bergamo. Anche questa non è una domanda semplice, ma è un po’ meno complicata del «senso del fare prete oggi». Lo stato d’animo. In generale fare il prete oggi significa prendere atto che la figura ha perso smalto. I preti influenzano poco la Chiesa e pochissimo la società. Sono un gruppo che sta perdendo terreno rispetto al passato, perché sono di meno e perché «pesano» di meno. O, almeno, così appare all’opinione pubblica. Da notare che questo vale anche nella Chiesa, nella quale si invoca – giustamente e a gran voce – una presenza più forte e responsabile dei laici.

Ora, di fronte a questo dato, esiste un gruppo di preti, forse minoritario, che si impegna a difendere a tutti i costi «quello che c’è». Sono i preti ai quali interessano poco quelle attività «di confine» – sport, cultura, perfino le attività caritative… – attività che le comunità cristiane hanno sempre promosso, in varie forme. Non interessano perché, dicono, la Chiesa non esiste per organizzare partite di calcio, e neppure i Cre, e neppure rientra nei suoi compiti specifici restaurare chiese e quadri e, per sé, neppure mettere un appartamento a disposizione di un gruppo di ragazzi extracomunitari. Che ce ne facciamo delle centinaia di oratori, delle 1.700 chiese, spesso abbandonate? Perché, appunto, restaurarle e dove trovare i soldi per farlo? Tutte queste cose si fanno, si sono fatte, ma si potrebbero anche non fare. Molti di questi preti amano anche lo slogan «o dentro o fuori», o cristiani tutti d’un pezzo o niente. La versione recente vede il giovane prete che si mette il tricorno, che dà fondo a tutti i vecchi pizzi e le vecchie pianete sepolte nei cassetti della sagrestia. La difesa di ciò che c’è si deve anche vedere in effetti. I crociati devono sempre avere una qualche bella croce sul petto da esibire a tutti. Preti tutti d’un pezzo, dunque, militanti. È lo stato d’animo del difensore e del (ri)conquistatore.

All’estremo opposto sta il prete che non solo prende atto dello sgretolarsi del vecchio mondo cristiano, della vecchia parrocchia, ma anche del fatto che non c’è molto da fare. Accetta serenamente di tenere in piedi quello che si riesce, è attento a quello che capita, resta curioso di un mondo che, però, se ne rende conto con chiarezza, gli sta sfuggendo di mano. Soprattutto, prende atto che non serve far fronte a quello sgretolamento con il tricorno e le vecchie pianete. Qui lo stato d’animo tende al dimesso: nelle migliori delle ipotesi alla serena presa d’atto, nelle peggiori, allo scoraggiamento. Tra reconquista e ritirata non è sempre facile decidere. Spesso, anzi, lo stesso prete è qualche volta militante qualche volta scoraggiato. Dipende dai tempi e dalle situazioni. Più si pensa a questi problemi più ci si rende conto che le due strade, prese così allo stato puro, non portano da nessuna parte. Sia il prete militante sia il prete dimesso sono tanto più militante e tanto più dimesso perché soli. La vera alternativa, allora, non è essere più militanti o più dimessi, ma meno soli. Il prete, o si riconverte alla comunità, pensa e agisce dentro la comunità, o rischia di andare a sbattere contro qualche muro, costruito per difendersi, o rimasto in piedi dopo la ritirata.

© RIPRODUZIONE RISERVATA