Orio, necessario
volare oltre Sea

Amici o nemici? Parafrasando una fulminante battuta del mitico Bonvi e delle sue Sturmtruppen, Sea e Sacbo sembrano semplici conoscenti. Insieme per caso o per forza verrebbe da dire, poco capaci nel Paese dei mille campanili di mettere insieme una strategia condivisa. O meglio, la milanese Sea in forza delle sue oggettive dimensioni, a disegnare una strategia di gestione degli scali del Nord ci ha provato, per la precisione in salsa padana, quando ai vertici della società sedeva Beppe Bonomi, manager da sempre vicinissimo al Carroccio.

Solo che Sea ha da sempre un modus operandi vagamente dalemiano, del tipo «capotavola è dove mi siedo io». Ergo, se non detta tempi e regole del gioco, prova a far saltare il banco: perché nell’attesa di risolvere l’eterno dilemma tra Linate e Malpensa una cosa appare chiara: la priorità rimane Milano.

E gli esempi nel corso della storia più o meno recente non mancano: in primis appunto la questione dei due scali, che al debutto di Malpensa 2000 ha rischiato di far finire a gambe all’aria Orio che all’epoca faceva a stento un milione di passeggeri e che Sea controllava al 49,98%. Oppure lo «scippo» di Tnt Traco, il tentativo di bis con Dhl, il corteggiamento a Ryanair e Wizzair: tutte azioni operate stando però dentro Sacbo, in nome del business. E di un complesso tentativo di dare ossigeno a quel moribondo chiamato Malpensa.

E così, appena l’orizzonte si sposta ad Est, le prospettive cambiano radicalmente perché l’interlocutore non è più Verona ma la ben più strutturata Venezia e l’accordo su Montichiari sembra finalmente possibile, Milano dice no. Posizione legittima, per carità, ognuno tira l’acqua al suo mulino: se poi quello di Malpensa magari non è dei migliori, un’azione di difesa ci sta. Solo che lo spostamento dell’asse verso Est, la partnership tra Bergamo, Brescia, Verona e Venezia non è una mera operazione commerciale, ma anche di salvaguardia e sviluppo di un territorio come quello bergamasco, che ha in Orio una fondamentale ricchezza, ma anche un indiscutibile problema. Ambientale. E al di là di slogan di maniera, sviluppo e ambiente devono saper coesistere.

Per questo la posizione di Sea stride un attimo, perché motivata da meri interessi economici: la difesa, cioè, di un sistema milanese comunque in difficoltà e dove l’eterna querelle tra Linate e Malpensa è l’autentica palla al piede della società. E del suo azionista di maggioranza, quel Comune di Milano che non ha mai voluto (non saputo...) decidere, in qualsiasi versione di Palazzo Marino: dal monocolore leghista al centrodestra fino all’attuale centrosinistra.

In questo contesto, Sacbo sta giocando la sua partita, cercando di coniugare interessi economici e territoriali (ambiente e occupazione), puntando ad un bersaglio inseguito da anni e finora solo sfiorato. Normale che Sea sia in difficoltà e che usi tutte le armi possibili, compreso la grancassa mediatica milanese (e che tale si conferma), ma in questo caso la priorità rimane la difesa degli interessi di Bergamo.

Potrà sembrare un discorso localistico, ed orgogliosamente lo è: perché l’aeroporto è la nostra porta per l’Europa e non si può chiuderla per interessi di bottega o un’autoreferenzialità di maniera di un socio. Perché fare strategia vuol dire saper scegliere: anche da che parte stare.

Orio l’ha fatto nel 2001 con quei low cost che Sea ha snobbato: una scelta pagata cara con il tempo. Ora è tempo di altre scelte, ugualmente importanti e di ampio respiro territoriale, e non servono lezioni interessate di conoscenti. Figuriamoci quelle di finti amici.

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