Persuasore efficace
Parla quando deve

Vista il giorno dopo, la visita a Bergamo dice che Sergio Mattarella e la nostra città si sono capiti subito. Non capita spesso, infatti, che il Presidente della Repubblica lasci perdere per un attimo il protocollo e improvvisi parole e gesti. Il fatto che sia avvenuto, all’ inaugurazione dell’ anno accademico dell’ Università, dice che la scintilla è scattata, che la chimica c’ è. Vuoi, magari, perché preso dalla cornice «affascinante», come ha definito Sant’ Agostino.

Vuoi, perché stimolato dalle varie voci dell’ ateneo, come quelle del rettore Remo Morzenti Pellegrini e dello storico dell’ arte Philippe Daverio, protagonista di una raffinata galoppata nella cultura europea. Vuoi, infine, perché toccato come padre dalle belle frasi del rappresentante degli studenti, Andrea Saccogna. Però è successo: una manciata di minuti guidati da un fare spontaneo e dotto, in cui il Capo dello Stato, ma anche il giurista e l’ accademico, dialogando con i vari livelli dell’ ateneo, ha tessuto una relazione diretta con la terra bergamasca, senza dimenticare nessuno. Con un filo conduttore: il patrimonio culturale che dà cittadinanza, il futuro dei giovani, l’ Università come simbolo di una «armonica collaborazione» con la società, la cultura europea come «comunanza profonda» alla quale l’ Italia ha dato un contributo «con molta forza».

Il silenzio è un po’ la cifra del settennato inaugurato due anni fa da Mattarella, ma l’ uomo sceglie di parlare al momento giusto perché la sua aspettativa è che il Paese si senta una vera comunità, in cui il destino degli uni sia legato a quello degli altri. Il messaggio, che sorregge una pedagogia civile, è fare comunità, recuperare le ragioni dello stare insieme: parola magica, risuonata quando Mattarella ha visitato «L’ Eco di Bergamo», apprezzandone l’ impronta e il carattere («molto forti, nitidi, intensi») e quella sua parabola storica orientata a riunire energie e intelligenze nel segno di un’ identità solidaristica. Una storia, quella del nostro giornale, lunga 136 anni, penetrata nel cuore e nel costume di una comunità: una felice sintonia indirizzata e custodita soprattutto dalla mano ferma di quel gigante di nome monsignor Andrea Spada, direttore per 51 anni, morto il 1° dicembre di 12 anni fa, la penna prestigiosa che ha guidato «L’ Eco» nella temperie ideologica del ’900 e nei processi di modernizzazione, creando una fortunata sintesi fra informazione locale e nazionale. Cuore e ragione sono stati la combinazione vincente di Spada e di certo, fosse stato ancora al tavolo di comando nel ricevere Mattarella, avrebbe sottolineato, con il suo pennarello nero, l’ incontro di approcci ideali legati ai fondamentali del vivere collettivo, come si è visto anche dall’ affetto dei bergamaschi. Una visita vissuta nel segno della «normalità», dove ogni pezzo è finito al suo posto, legando con coerenza il carattere dell’ uomo Mattarella e la tempra bergamasca.

L’ accento è andato sulla cultura vivente, quella «dorsale culturale» illustrata dal rettore, la vera sfida dell’ oggi e del domani. Ci sono state parecchie incursioni nel futuro e grande attenzione a quella che sarà la futura classe dirigente. Un patrimonio del sapere che oggi, da noi, ha un profilo che si staglia, che proprio per questo fatica a stare dentro le mura cittadine, quasi in possesso di una cittadinanza global confermata dalla rete di relazioni internazionali dell’ Università. In questa circostanza, più di altre, s’ è visto l’ orgoglio bergamasco declinato nella forza mite della cultura, trovando nel Capo dello Stato l’ interlocutore più sensibile, anche perché attento a interloquire con le realtà vitali sparse sul territorio, la spina dorsale dell’ Italia. Un’ impronta, in definitiva, di serenità da entrambe le parti: un sentimento che si rivela un correttivo opportuno sia per il clima generale del Paese, sia perché si è alla vigilia del referendum costituzionale. Il presidente della Repubblica, l’«arbitro in silenzio», sarà decisivo dal dopo-voto in poi, qualunque sia l’ esito. Al referendum ci si arriva quasi per sfinimento, con un Paese vociante, spaccato in due. Sapendo, però, che al Quirinale c’ è un signore che garantisce tutti, il quale - come ha ricordato proprio alla vigilia del viaggio a Bergamo - svolge una missione che non si vede, perché fatta di esortazioni e suggerimenti, nella convinzione che «la persuasione è più efficace se non viene proclamata in pubblico».

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