Politica d’agosto
Tre fronti aperti

Ora che il «generale agosto» ci concede una pausa rispetto agli infiniti litigi della politica, troppo spesso sul nulla (l’ultimo è stato sull’abbraccio Pisapia-Boschi…), sarebbe una buona cosa che i politici dedicassero il loro riposo a finalità socialmente utili. Per molti, basterebbe il ripasso della storia, della geografia e magari anche della grammatica, per altri l’accettazione dell’idea che si può anche non essere rieletti, risparmiando ulteriori patetici trasformismi. Certo aiuterebbe l’idea di conquistare le preferenze degli elettori, non dei capi.

Ma l’utilità vera di questa tregua potrebbe venire da una riflessione rispetto ad alcune domande chiave. Ne abbiamo scelto tre.

La prima è sull’economia. Questa ripresa di cui si vedono i segni, è vera o presto svanirà? I dati ci aiutano. Persino l’occupazione cresce e il Pil una volta tanto non sembra gonfiato. Ma siamo sempre sotto la media europea e i principali concorrenti vanno molto meglio. Oltretutto, noi dobbiamo fare ancora il pit-stop elettorale, che Francia, Olanda e Regno Unito hanno già fatto e che la Germania farà tra poco. Nel semestre prima del voto, la politica offre sempre il peggio, e l’Italia per di più continua a sembrare l’unica sensibile a vie d’uscita populiste, ormai scartate dagli europei, arrabbiati quanto noi ma evidentemente non masochisti, specie dopo la lezione Brexit.

Il punto è che se l’economia riprende, si deve parlare di investimenti, lavoro, produttività, contratti a misura aziendale, fisco. Non, per carità, di spesa pubblica e di mance pre elettorali. Non si tratta di far passare la nottata. Bisogna non tornarci.

La seconda domanda è sulla legge elettorale. Davvero stiamo correndo incoscientemente verso un risultato che ci darà l’ingovernabilità? Con le leggi-puzzle uscite dalla Consulta, non ci sarà una maggioranza, ma il balletto degli incarichi esplorativi (a Di Maio, per vedere l’effetto allucinogeno che farà ai mercati?), delle alleanze improbabili, dei governi di minoranza o tecnici. Con la Merkel di nuovo in sella e con Macron che fa il nazionalista, torneremo vaso di coccio inaffidabile.

Purtroppo, il problema più politico, quello del superamento delle soglie anche attraverso coalizioni, è ostacolato da miopie di bottega. A Renzi non piace, perché l’unica possibilità che ha di tornare a Palazzo Chigi è di non dover contrattare con altri la scelta del premier. Se vince da solo è giusto che sia lui, ma se vince in coalizione, la politica ha certe sue leggi inesorabili, e si dovrà trovare un terzo, essendo difficile che i presunti alleati, sia al centro, dopo lo schiaffo ad Alfano, sia a sinistra, gli possano dire: prego, accomodati, moriamo dalla voglia di vederti lì. Quanto al centrodestra, problema simile. Chi toglie a Salvini la tentazione di far vedere che ha un voto più di Berlusconi? Divisi, i tronconi farebbero a gara per chi è più demagogo, lasciando all’ex cavaliere l’onere nobile ma scomodo della moderazione, e non è detto che vi sia disposto. Quindi conterebbe solo il vantaggio immediato di parte, da giocare proporzionalmente sul tavolo del dopo. Agosto può portare consiglio? Destra e sinistra si renderanno conto che alzando la posta di chi è più populista, farebbero solo il gioco della Casaleggio spa, che in fatto di strumentalizzazione ha comunque il copyright?

La terza domanda a cui dare risposta riguarda il tema dell’immigrazione. La questione, in questo caso, riguarda la disponibilità della nostra politica, tutta insieme, a smettere di cercare soluzioni che valgono lo spazio di un applauso di platee smarrite, e naturalmente dell’Europa a non confinare il tema in una dimensione regionale, visto è che è invece epocale.

Qui la domanda riguarda comunque la scelta tra incentivi e disincentivi, come sottolineato da Claudio Cerasa su «Il Foglio». Alla fine di tutti i dibattiti, la scelta è tra misure che disincentivano o che incentivano il fenomeno. Nel primo caso, il limite sta nel fatto che non possiamo ributtare i migranti nelle braccia dei delinquenti. Nel secondo, e cioè se puntiamo sulla gestione organica e razionale di questo immenso problema, il limite sta nel non mandare segnali che lo incentivino. Terzium non datur. L’equilibrio è da trovare tra questi due estremi.

La tragedia culturale si innesta sulla tragedia umanitaria, e noi italiani siamo soli. Vogliamo continuare a combatterci tra noi, per un pugno di voti, sulla pelle di questi dannati della Terra?

Dei tre, è questo davvero l’interrogativo più angosciante, con la soluzione più difficile, una sorta di solidarietà nazionale sul tema, come si fa per i terremoti. Se gli uni hanno fatto solo la Bossi-Fini (tuttora vigente), gli altri hanno potuto solo da poco mandare un piccolo naviglio in acque libiche, e se i 5Stelle a loro volta riescono solo ad imitare Salvini, se insomma nessuno onestamente ha la ricetta risolutiva, che senso ha insistere a rinfacciarsi i reciproci errori? Agosto consente, oltre alle riflessioni, anche le utopie. Certo, l’Europa sarebbe più disponibile se fossimo uniti e un po’ più seri.

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