Politica e digitale
Vince l’E-Commerce

Il recente dibattito svoltosi nell’aula di Palazzo Frizzoni sul futuro del commercio nel centro storico di Bergamo, merita di essere collocato nel quadro più vasto di una vera e propria rivoluzione in corso nella distribuzione, e non solo quindi del riequilibrio tra le funzioni commerciali tradizionali, del centro urbano e quelle, imponenti e molto diffuse, che stanno nell’hinterland. Aver sollevato questa specifica questione, in verità, é già un segno di maturità e di lungimiranza dell’amministrazione, intendendo non solo la Giunta di Gori e Valesini, ma - per la serietà del confronto - anche l’opposizione.Poche altre città hanno avuto pari attenzione al nuovo equilibrio necessario nel quadro di un fenomeno che è epocale, perchè ha rinnegato il centro città come luogo di elezione del commercio. É solo degli anni 70 l’apertura del primo ipermercato bergamasco, la «Città mercato» di via Carducci, allora un evento, oggi piccola realtà di quartiere, perché la formula ipermercato é obsoleta.

Da allora tutto é cambiato, e sta cambiando ancora, perchè é solo una parte del problema la questione della dialettica tra esercizi di città e grandi insediamenti esterni. Oggi c’é un convitato nuovo, sempre più ingombrante e prepotente, che contende lo spazio sia alle piazze storiche che a quelle artificiali, ed é l’e-commerce, cioè l’acquisto fatto da casa, dal proprio pc e dal proprio smartphone. Ha solo il limite della diffusione di internet, che peraltro riguarda già in Italia due terzi della popolazione.

Alla recente e sempre affascinante convention di Upa, l’associazione degli investitori di pubblicità, Sami Kahale, numero uno per l’Europa della più grande federazione di marchi di largo consumo del mondo, la Procter&Gamble, ha illustrato l’economia commerciale attraverso l’effetto di tre grandi «disruption», cosi le ha definite, della nostra epoca. Le «discontinuità» che spaccano il passato sono quella demografica (il 70% del potere di acquisto è degli over 50), tecnologica (2/3 degli acquisti sono condizionati dal digitale), e infine appunto quella del retail, cioè delle vendite.

E questo, proprio perché il nuovo protagonista del commercio é l’acquisto on line. Il presidente Upa Sassoli ha ricordato che il fondo cinese Alibaba ha realizzato la vendita di 350 Giulia Alfa Romeo in Cina nei primi 30” della messa on line. Le auto, ormai, si acquistano dal pc anche da noi su Amazon.

In alcuni settori, come quelli tecnologici, il consumatore già usa i negozi e i centri commerciali come luogo di conoscenza e comparazione ma non di acquisto vero e proprio, perché poi, da casa, può profittare di condizioni di prezzo e servizio più convenienti.

Si obietterà che ci sono settori, come quello dell’abbigliamento, che non concepiscono l’acquisto senza poter toccare un tessuto, provare un capo eccetera, ma non é così perché già si affermano tecnologie che consentono di simulare su se stessi l’effetto di un vestito, una camicia, una borsa. Tecnologie on line, ovviamente. Già i centri commerciali le hanno introdotte, ma non tutte le boutiques potranno permetterselo.

Per lungo tempo, questo tipo di commercio é stato penalizzato dall’inefficienza del servizio postale, rendendo precaria le consegne. Ne sa qualcosa Antonio Percassi, che aveva visto bene , ma troppo in anticipo. Oggi, però, con le Poste che hanno imparato la logistica e hanno migliaia di piccoli concorrenti, il modello Amazon é vincente.

Il fenomeno é sempre più dilagante. Secondo una ricerca di Casaleggio associati (si, la nuova «ditta» della politica, in queste cose é ben più preparata…), a livello mondiale siamo arrivati a 2.000 miliardi di dollari, e in Italia a circa 30, e proprio mentre le quote del commercio interno rendono a diminuire, quelle on line crescono ogni anno a doppia cifra in Italia e nel mondo. L’e-commerce, d’altra parte, é anche uno straordinario sbocco per i produttori, anche i più piccoli. Secondo la ricerca citata, quasi 300 milioni di europei fanno acquisti on line, il 57% di quelli che sono collegati al web, ma solo il 16% delle piccole imprese italiane vende on line e solo la metà di esse vende oltre confine. Secondo Sassoli, però, il 10% dell’export sarà trainato dall’e commerce nei prossimi 5 anni.

Tornando a Bergamo, é giusto dunque pensare in grande e soprattutto pensare in anticipo. Per lungo tempo, l’approccio della politica a queste questioni è stato difensivo, ma oggi le tutele corporative non hanno più senso e comunque non funzionano. Lontani i tempi in cui si centellinavamo le licenze e i metri quadri a seconda della forza elettorale delle categorie.

Quello che sta accadendo é davvero una grande disruption. La scommessa di un buon amministratore sta tutta nel sapere gestire l’ineluttabilità dei fenomeni in corso, ma al tempo stesso riuscire nella magia di salvare nei nostri centri urbani quell’antica libreria dagli straordinari profumi e con quell’atmosfera introvabile nei grandi outlet di periferia…

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