Ripristino dell’Imu
Idea da respingere

L’approvazione della manovra economica del 2017 da parte dell’Unione europea contiene una coda velenosa, condita dal tradizionale paternalismo tecnocrate che abbiamo imparato a conoscere bene negli ultimi anni: il commissario Pierre Moscovici nei «compiti per le vacanze» del ministro Pier Carlo Padoan inserisce tra le riforme il ripristino dell’Imu per la prima casa, la tassa più odiata dagli italiani, riformando anche il catasto. E non serve da parte di Moscovici certo aggiungere, per indorare la pillola, che la rediviva Imu dovrà essere applicata solo alle fasce di reddito alte.

In materia fiscale in Italia i «ricchi» sono (quasi) tutti i contribuenti, giusto per tenere fuori i non abbienti e gli evasori fiscali. Il teorema del lampione, la storia del tizio che cercava le chiavi perse sotto un lampione non perché si trovassero lì ma perché era l’unico posto in cui c’era luce, per il fisco rimane la regola. Va anche detto che dall’Imu delle seconde case, che è rimasta in vigore, l’Erario ricava quasi 16 miliardi di euro l’anno. Secondo Moscovici, che si è fatto i complimenti da solo per la «flessibilità» e «comprensione» dimostrate nei confronti della nostra Legge di Stabilità, per il 2018 serve «uno sforzo di bilancio sostanzioso» per «rafforzare la ripresa» e «assicurare la sostenibilità dei conti».

Come? Riducendo la lunghezza esasperante della giustizia civile e aumentando la lotta alla corruzione, oltre a portare avanti una legge antipovertà e una legge sulla concorrenza. E soprattutto spostando il carico fiscale «dai fattori produttivi a tasse meno dannose per la crescita». Ora, che le tasse sulle abitazioni siano meno dannose per la crescita è tutto da dimostrare, visti i suoi effetti sul mercato e sul comparto edilizio. Inoltre non va dimenticato che gli italiani sono per l’80 per cento proprietari di case e dunque un’eventuale «patrimonialina» andrebbe a ripercuotersi su quasi tutti. Un bel freno alla ripresa a poche ore dal rialzo delle stime del Prodotto interno lordo, passato dallo 0,9 all’uno per cento (la media europea è dell’1,7 per cento).

Comprensibile la levata di scudi italiana. Lo stesso Padoan ha commentato laconico che quella suggerita da Moscovici «non è una buona idea». La «cura Monti» iniziata nel 2012 dopo l’avvento del «governo dei tecnici» in seguito alla tempesta valutaria dello spread, aveva provocato un aumento delle tasse del 20 per cento, provocando un calo delle operazioni di compravendita immobiliare del 27 per cento. Il valore delle case in cinque anni era calato di oltre il 15 per cento, deprezzando i consumi e tutto il settore.

Negli ultimi tre anni eravamo riusciti a risalire la china, soprattutto dopo l’abolizione della tassa per le prime abitazioni. E infatti il valore delle operazioni di compravendita in tre anni ha recuperato 13 miliardi (da 76 a 89 miliardi), dimostrando che esiste un rapporto diretto tra Imu e compravendite immobiliari. Solo nel 2016 il mercato è in ripresa con un aumento del 18,6 per cento.

Ed ecco che l’Europa ci impone di tornare al punto di partenza, con un cinismo ai limiti della provocazione. Tra l’altro il commissario Moscovici è francese e sa bene che il nuovo presidente del suo Paese Emmanuel Macron si appresta a esonerare l’80 per cento dei francesi dalla «taxe d’habitation» (l’equivalente della nostra Imu), sgravando i suoi concittadini di tasse per un valore complessivo di dieci miliardi di euro. Dunque mentre i suoi compatrioti francesi di sbarazzano dell’odioso balzello abitativo, noi italiani dovremmo subirlo nuovamente, tornando a deprimere tutto il comparto immobiliare ed edilizio. Una raccomandazione che va respinta al mittente.

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