Sacerdote martire
L’attacco alla Chiesa

Il massacro di Saint-Etienne-du-Rouvray , in Normandia, ha qualcosa di nuovo e, insieme, qualcosa di «vecchio». La novità sta nel bersaglio: un prete, dei fedeli che stavano partecipando alla messa. Dunque i terroristi hanno voluto colpire la Chiesa e i cristiani. Stando a quel poco che si è saputo, il massacro è avvenuto durante la celebrazione della Messa. Tutti sanno che i terroristi islamici sono infatuati dai simboli.

Esibiscono i simboli che appartengono a loro: bandiere, colori, divise, riti militari e paramilitari. Aggrediscono i simboli che appartengono agli altri. Non sarebbe difficile vedere negli attentati, da quello di Charlie Hebdo, a quelli del Bataclan, a quello di Bruxelles fino a quello di Nizza il tentativo di attaccare qualcosa di simbolicamente importante che aveva a che fare con la società, con le sue manifestazioni, con il potere che la governa.

Finora la Chiesa era stata risparmiata. Da noi, in Occidente, perché in Medio Oriente, in estremo Oriente e in Africa i martiri cristiani ammazzati dagli estremisti islamici si contano a migliaia. Ma in Europa non era ancora avvenuto. In questo senso Saint-Etienne-du-Rouvray è una novità. Ma è una novità inquietante. Intanto il bersaglio. In genere la Chiesa di Francia è debole, minoritaria, senza particolare peso sociale. I cattolici sono una piccola minoranza e quelli praticanti sono una minoranza nella minoranza. La tradizionale laicità della società francese ha confinato la Chiesa cattolica ai margini, prima che l’emorragia di partecipanti la segnassero come la sta segnando in buona parte del mondo occidentale.

Il prete sgozzato dai terroristi aveva 86 anni: era un anziano in una Chiesa presumibilmente piccola e debole. Non sappiamo, per la verità, quanto peso abbia la comunità cristiana a Saint-Etienne-du-Rouvray, ma è logico pensare che abbia grosso modo lo stesso peso che ha altrove in Francia. Dunque quella comunità è stata colpita non perché forte, ma semplicemente perché cristiana. Non solo, ma il prete è stato assassinato mentre stava celebrando la Messa. Anche questo si può supporre che sia stato esplicitamente voluto: non hanno colpito in un momento qualsiasi, ma in quel momento, la Messa, il punto simbolicamente più alto di una comunità cristiana. Un colpo al cuore, si potrebbe dire.

In quel momento si sono incontrati, ancora una volta, i due estremi. Da una parte gli assassini che, in nome di Dio, ammazzano e pensano, proprio ammazzando, di guadagnarsi il paradiso: la religione della forza. Dall’altra le vittime che non possono far altro che lasciarsi ammazzare: la religione degli agnelli, discepoli dell’Agnello (suggestive, tragicamente suggestive, queste immagini mentre sentiamo le notizie che arrivano dalla Francia).

Siccome in questi riti macabri funziona una buona dose di forza mimetica – sgozzano perché hanno visto sgozzare – si deve temere che, tra i bersagli dei terroristi rientreranno, d’ora in poi, anche chiese, credenti, preti. E i terroristi colpiranno non in alto, dove comunque è difficile arrivare, ma in basso dove arrivare è facilissimo. Avremo, probabilmente, altri martiri, anche in Europa.

Questo è il tragico «nuovo» dell’attentato francese. Ma insieme al nuovo c’è anche del vecchio, del relativamente vecchio. Gli ultimi attentati, compresi quelli avvenuti in Germania, sono opera non di gruppi organizzati, come quello a Charlie Hebdo e al Bataclan, ma di gente apparentemente isolata, che si richiama all’Isis più per retorica che per effettiva appartenenza. Si aggiunge anche, spesso, che costoro sono degli squilibrati che, in alcuni casi, hanno passato periodi in centri psichiatrici. Tutto questo ci rassicura: si tratta di pochi, si tratta di folli. Ma dall’altra ci inquieta. A questo punto, chiunque può ammazzare chiunque. E gente fragilissima diventa fortissima perché si appella nientemeno che a Dio per farlo.

Un altro capitolo, dunque, si è aperto, in una Europa sguarnita e divisa. Ed è proprio la fragilità dell’Europa a offrire spazi enormi alla follia degli estremisti. Nel frattempo, non si sentono alternative coraggiose e soprattutto non si vedono uomini che sappiano coraggiosamente proporle.

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