Tram in V. Brembana
Piano, ma lontano

Binari e vetture, per ora, vanno «solo» in Val Seriana, Bergamo-Albino, tante andate e tanti ritorni. Con tanti passeggeri. Ma non è un caso se quel trenino, che attraversa la città prima di imboccare il «ramo destro» delle nostre montagne, si chiama da sempre Tram delle Valli. Ne fa una, ma si chiama al plurale perché l’ambizione originaria era quella: che i binari in partenza dalla stazione si biforcassero, per servire allo stesso modo Val Brembana e Seriana, per convincere allo stesso modo chi sale e chi scende a viaggiare pulito e su ferro, anziché anziché su gomma, inquinando e alleggerendo di parecchio il portafogli, soprattutto fermi in coda a motore acceso.

Perché questo capita (e capita ancora in Val Seriana, soprattutto negli orari di punta) quando si viaggia in automobile: il motore gira, inquina e dunque consuma anche quando non si va avanti di mezzo centimetro. Le code sono soldi persi, tempo perso, nervi tesi. E la Val Brembana conosce bene il fenomeno. Basti pensare all’eterno dibattito - che forse sta per sfociare in una sorta di soluzione - sull’imbuto di Pontesecco, con la strada che «sgomiterà» un pezzetto sulla destra, per passare da una a due code di auto. Detto così parrebbe un paradosso, ma certe volte due code «is megl che one», perché s’accorciano e dunque passano l’imbuto più rapidamente.

È il concetto, rovesciato, dei fatidici restringimenti di carreggiata in autostrada, in orari notturni: bastano quattro gatti per creare una coda da casello a casello.

Ecco perché va accolta con favore - e venti chili di bagaglio di speranza - la notizia dell’avanzare del progetto brembano del Tram delle Valli. Non sarà - se sarà, quando sarà - risolutivo di tutti i problemi di traffico automobilistico del «ramo sinistro» delle nostre montagne, ma qualcosa di buono farà. Se non altro è un inizio, e da qualche parte le cose buone devono pur sempre cominciare, e quando cominciano poi piano piano scavano le abitudini delle persone. Anche il tram della Val Seriana, all’inizio, viaggiava non certo gremito. Ma adesso è un’infrastruttura che sta in piedi, che serve ed è apprezzata. Forse l’unica che non abbia generato comitati e raccolte di firme contrarie. Ed è apprezzata al punto che adesso si discute - anche se con pareri contrastanti - di allungarne i binari fino a Vertova.

D’altra parte, siamo noi italiani che quando andiamo all’estero (ma anche solo a Brescia, e c’è poco da ironizzare sul loro «mozzicone» di metropolitana: intanto l’hanno fatta, ce l’hanno e la usano), siamo noi italiani, si diceva, che generalmente apprezziamo i mezzi pubblici stranieri. Che meraviglia, le mille linee delle metropolitane delle grandi capitali europee, americane e asiatiche. Che meraviglia in Germania, dove i treni sono belli, moderni, puliti e puntuali. Che meraviglia in Giappone, dove puoi vivere a Tokyo e lavorare a Kyoto o viceversa, e fare avanti e indietro su quei 450 chilometri in poco più di due ore con treni che volano sui binari a circa trecento chilometri all’ora, garantendo una puntualità che va anche oltre il maniacale. Non ditelo ai nostri disgraziati pendolari.

Da Kyoto a Villa d’Almè il passo è più o meno lungo, ma i problemi in fondo sono i medesimi: la gente si sposta, spostandosi si accalca negli stessi punti, dunque lo spostamento perde efficienza soprattutto laddove tantissimi usano gli stessi mezzi. È notizia di questi giorni il boom di passaggi automobilistici dalle parti di Zogno: più venti per cento nel giro di un anno. Aumento dovuto non certo al fatto che i brembani di colpo si siano fatti la seconda o la terza macchina, o abbiano deciso di fare il gioco dell’oca su quattro ruote. Ma dovuto alle necessità di spostamento che crescono di pari passo al cambiare della nostra società: le aziende scendono a valle, i lavoratori le devono seguire.

Certo, il tram brembano non potrà risolvere questi problemi di «pendolarismo» interno alla Valle, perché il primo tratto partirà dalla città e riuscirà solo ad affacciarsi ai valligiani. Ma, come si diceva, da qualche parte bisogna pur iniziare, e chissà che per la Val Brembana non capiti, fra tanti anni, quel che oggi capita dall’altra parte: prendendo atto della bontà dell’infrastruttura, ci sarà magari chi ne chiederà un pezzo in più.

Quindi, avanti tutta. Il binario è ancora lungo (per la realizzazione del ramo seriano furono necessari quasi sette anni solo di cantiere) e non chiediamo di andare da Bergamo a Villa d’Almé in dodici secondi a trecento all’ora. Ci accontentiamo di velocità normali, tempi normali, puntualità normale. Sempre meglio che fermi in coda, passando il tempo a scaricare la batteria dello smartphone. Ci vorranno anni, e tanta pazienza. Piano, ma lontano: siamo allenati.

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