Torna la passione
per i fantasmi

Tutta colpa di Charles Dickens. Parte da qui John Boyne (già autore de «Il bambino con il pigiama a righe») ne «La casa dei fantasmi» (Rizzoli): il padre di Eliza Caine muore perché, ammalato, sfida il freddo per partecipare a una lettura pubblica del celebre scrittore.

Rimasta sola, lei parte per il Norfolk e diventa istitutrice di due ragazzi che vivono in una grande casa. Nella loro vita c’è un mistero, che affiora man mano che il racconto procede, con un crescendo di tensione fino a un finale da brividi.

Il romanzo ha un impianto classico e regge grazie a una scrittura limpida, a un buon tratteggio dei personaggi, a un fine umorismo. Non è casuale che Boyne citi proprio Dickens, un maestro nelle «ghost-stories», regista, fra l’altro, di un bestseller del genere: «Le stanze dei fantasmi» (Del Vecchio), un romanzo a cornice nel quale trovano posto racconti firmati da otto tra gli scrittori vittoriani più abili e famosi, pubblicati in origine sulla rivista inglese «All the Year Around» nel 1859. Accanto all’autore di «Grandi speranze» e «Oliver Twist» in questa antologia si trovano fra gli altri Wilkie Collins, considerato uno dei padri del poliziesco, ed Elizabeth Gaskell. L’ambientazione, una villa isolata di campagna dove una coppia invita un gruppo di amici, richiama il migliore Poe. Dickens dà al quadro una nota di ironia, catturando un nutrito campionario di fobie e nevrosi della società dell’epoca.

Conserva, infine, la stessa linea (brillante, spiritosa) ma con un’ambientazione attuale «Lockwood & Co. La scala urlante» di Jonathan Stroud (Salani): in azione due giovani cacciatori di fantasmi.

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