Cittadini o sudditi?

di Giorgio Gandola

Gli italiani sono cittadini o sudditi? La diatriba non è oziosa e una ricerca del ministero dell’Economia ci aiuta a farci un’idea abbastanza precisa della nostra posizione rispetto allo Stato

Gli italiani sono cittadini o sudditi? La diatriba non è oziosa e una ricerca del ministero dell’Economia ci aiuta a farci un’idea abbastanza precisa della nostra posizione rispetto allo Stato mamma (o matrigna).

Nel 2013 i cittadini hanno presentato 256 mila ricorsi contro le iniziative e le sanzioni del Fisco, e per oltre la metà li hanno vinti. Il dato è impressionante; nei contenziosi tributari i contribuenti hanno avuto ragione per un valore di 3,6 miliardi di euro, contro i 3,5 miliardi a favore dell’Agenzia delle entrate.

Questo sta a dimostrare che più della metà delle contestazioni è opinabile e che, se il cittadino decide di percorrere un’estenuante via burocratico-giudiziaria, è probabile che alla fine trovi una sentenza favorevole.

Premesso che in Italia l’evasione fiscale distoglie 120 miliardi di risorse pubbliche all’anno e che un euro su quattro risulta evaso, è doveroso aggiungere che a fronte dei dati iniziali la strategia antievasione è come minimo balbettante.

Ma fin qui siamo ancora considerati cittadini. Dove scatta la sindrome del suddito di sua maestà lo Stato? Nella tempistica. Se ha ragione il Fisco, ha diritto alla riscossione di un terzo della somma subito, un terzo dopo la prima sentenza e il saldo dopo l’appello. Se ha ragione il contribuente, rivede i suoi soldi dopo 10 anni. Va anche peggio quando si tratta di un’azienda, perché lo Stato che accusa può sequestrare preventivamente i beni all’impresa (grazie a una legge del liberale Tremonti). Così, dovesse mai avere ragione l’azienda, le verrà riconosciuta quando è fallita.

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