Ditelo con un abbraccio

di Francesco Anfossi

Incontrando i bambini di una scuola di Siracusa, il premier Matteo Renzi indica loro le priorità: «Non dimenticate mai che qualsiasi messaggio virtuale su Facebook non vale la bellezza di un abbraccio forte».

Incontrando i bambini di una scuola di Siracusa, il premier Matteo Renzi indica loro le priorità: «Non dimenticate mai che qualsiasi messaggio virtuale su Facebook non vale la bellezza di un abbraccio forte». Bel messaggio: profondo, autentico, squisitamente umano in tempi di Twitter e WhatsUp. I luoghi del cyberspazio dove i nativi digitali si scambiano effusioni e carezze virtuali, finendo per condizionarne il carattere algido tra amicizi e compagni.

La scuola dell’abbraccio è importante: gesto gratuito che consola, guarisce, produce addirittura endorfine e umori del buonumore, dicono gli scienziati, insomma fa bene al cuore e pure alla memoria. L’abbraccio tra due amici, tra due calciatori alla fine della partita, tra due pugili sul ring. La storia, anche la più recente, è piena di abbracci che hanno segnato epoche di pace. Hanno brillato anche in epoca recente.

L’abbraccio fraterno e forte tra Papa Francesco e Papa Benedetto. L’abbraccio inteso come unione di due corpi forte e discreta, da modulare a seconda dell’affetto, che va fatto sempre in due: fidanzati, atleti, cacciatori, parenti, vincitori e perdenti. L’abbraccio tra Letta e Bersani nell’aula del Parlamento il giorno del nuovo governo, il contrario della consegna algida e risentita del campanellino, di Facebook e del tweet #Enricostaisereno. Quanto ha ragione Matteo Renzi...

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