La rivincita del libro

Il pranzo è rimandato. O forse non si fa più. Sta di fatto che i grandi player digitali, dopo avere vaticinato l’imminente fine dei libri, sono rimasti con forchetta e coltello sospesi e il tovagliolo inutilmente appeso al collo.

Dopo la frenata del 2014, nei primi sei mesi del 2015 gli e-book - che avrebbero dovuto mandare al macero i volumi di carta senza neppure i falò di Fahrenheit 451 - sono andati in sofferenza. Sono saltati conti economici e piani d’investimento. E adesso quel segmento, avendo perso il 10,4% del fatturato, segna il passo. La gelata è arrivata e anche Jeff Bezos, che prudentemente aveva messo il piede in tutte le scarpe possibili, riesce a far quadrare i conti grazie al buon vecchio best-seller inviato a casa con il corriere.

Non è quel che si dice una vittoria. Le librerie resistono, gli editori intuiscono una schiarita. E quella che doveva essere un’ulteriore spallata all’ancien régime della cultura si è rivelata una bufala. Solo un paio d’anni fa si pensava che la fine del libro sarebbe stata veloce come quella della discografia, ed è pur vero che la musica (in massima parte piratata) ha costretto perfino le più attempate rockstar a moltiplicare tour dal vivo con la sciatica per raggranellare un significativo reddito.

Negli Stati Uniti, dove le tendenze fanno tendenza, il 2015 si avvia a diventare l’anno della resurrezione per le librerie (e soprattutto per i superstore). In Italia gli e-book crescono ancora, ma occupano una quota di mercato del 3,4%. Come direbbero i francesi: quantité nègligeable. È la prima piccola sconfitta dei miliardari in bermuda, per i quali il mondo è un grande social. La loro condanna sarà continuare a leggersi un libro sfogliandone le pagine. Per scoprire con sgomento che non ci sono solo le foto.

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