Mamma mia

Osservando le imprese dei teppisti incappucciati che ieri sfasciavano vetrine nel centro di Milano ci è tornata in mente la mamma di Baltimora. Quella signora con l’abitino giallo che prendeva a sberle il figlio gridandogli «Vergognati, torniamo a casa» nel filmato che un paio di giorni fa ha fatto il giro della rete.

Il ragazzo, in total black con zainetto come si conviene nella collezione primavera-estate della riot generation, stava tirando pietre alla polizia con un gruppo di contestatori durante gli scontri a sfondo razziale che in queste settimane percorrono gli Stati Uniti come un fremito di rivolta. La madre, passando di lì oppure arrivata in zona guidata da un sesto senso che solo le genitrici hanno, lo ha riconosciuto immediatamente. E invece di pararsi davanti a lui per proteggerlo dai manganelli o di preparare con l’avvocato un esposto nel quale denunciare la severità delle forze dell’ordine, s’è avvicinata e a suon di ceffoni ha costretto il ragazzo, che non avrà avuto meno di 16 anni, a uscire dal gruppo. Poi lo ha sgridato, e mentre lui la guardava esterrefatto, probabilmente distrutto nel suo io da black panther, gli ha indicato la strada di casa e lo ha seguito con aria minacciosa lontano dalla rissa. Iperprotettiva, reazionaria, prepotente, mamma modello: i commenti si sprecano e i metodi educativi ai quali fare riferimento pure. Lei, intervistata, ha spiegato con disarmante semplicità: «Non volevo che me lo ammazzassero, è l’unico che ho». Ripensando ai black bloc di Milano, a noi è simpatica.

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