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di Giorgio Gandola

La Concordia si muove o si muoverà. L’enorme cetaceo spiaggiato davanti al Giglio per il lutto di 38 famiglie e la vergogna di un intero Paese, riprende il mare con l’aiuto della tecnologia e fa rotta su Genova.

La Concordia si muove o si muoverà. L’enorme cetaceo spiaggiato davanti al Giglio per il lutto di 38 famiglie e la vergogna di un intero Paese, riprende il mare con l’aiuto della tecnologia (ci sono anche i cassoni di un’azienda bergamasca a tenerla a galla) e fa rotta su Genova, casa sua, con l’intento di scomparire dalla vista del mondo, di evaporare nella leggenda nera, lontano dagli occhi lontano dal cuore.

Poiché ogni ritorno non è senza ostacoli (il più famoso della storia lo narra Senofonte nell’Anabasi), ieri mattina abbiamo saputo che sul suo cammino si sono posti persino 18 sindaci corsi, guidati nella protesta dal ministro Ségolène Royal. Si lamentano di non essere stati coinvolti nella decisione, adombrano problemi di natura ambientale (tema che costringe tutti ad agitare le code di paglia) e chiedono la sospensione del viaggio. Tutto ciò ha un che di pretestuoso, come se volessero entrare nella foto ricordo. Fosse solo questo basterebbe allargare l’obiettivo.

Il tragitto della Concordia non è semplice perché non è soltanto fisico. La rimozione necessita di una presa di coscienza e della capacità di fare i conti con il proprio passato. Siamo sicuri che la nave dentro di sè ha già elaborato tutto ciò, ma abbiamola certezza che non lo ha fatto colui che provocò il disastro del Giglio. Proprio ieri Francesco Schettino si è fatto fotografare in una villa vip di Ischia mentre partecipava, bicchiere in mano, a un «White party» (tutti vestiti di bianco), circondato da signore che lo consideravano il re della festa. Così la Concordia va a nascondersi, mentre chi l’ha trasformata in un relitto ancora no.

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