Polpette avvelenate

di Giorgio Gandola

Più che un urlo è un guaito, arriva da Milano ma può essere certamente utile anche a noi. Qualche tempo fa un signore che si firmava R.G. aveva lanciato su Facebook l’allarme delle polpette avvelenate per i cani al parco Sempione.

Più che un urlo è un guaito, arriva da Milano ma può essere certamente utile anche a noi. Qualche tempo fa un signore che si firmava R.G. aveva lanciato su Facebook l’allarme delle polpette avvelenate per i cani al parco Sempione, piangendo la dipartita dei suoi due, Rita e Byron.

Rilanciata dai giornali, la notizia è diventata - come si suol dire oggi nel mondo web - virale e i cani morti per colpa dei bocconi alla stricnina si sono moltiplicati in pochi giorni: venti. Ovviamente e giustamente queste notizie sono state corredate da commenti come minimo preoccupati, accesi, allarmati, indignati. A tal punto da mettere in difficoltà la giunta Pisapia e la Asl, attaccate dall’opposizione e da alcune associazioni per il totale disinteresse nei confronti del problema.

Qualche giorno fa si è scoperto che l’unica polpetta avvelenata in questo caso era la notizia. I cani di R.G. erano morti per un colpo di calore, lasciati in auto dal padrone, impegnato in un pranzo con gli amici, e poi desideroso di scaricare la colpa sull’ignoto maniaco dal boccone letale.

A mettere con le spalle al muro il colpevole sono stati i veterinari forensi dell’istituto Zooprofilattico di Milano che hanno eseguito le autopsie. Una breve ricerca consente di stabilire che nel 2011 i cani avvelenati a Milano non sarebbero stati 100 come da report su Facebook, ma tre. I social network nei quali navighiamo hanno molti pregi (ci tengono in contatto con gli amici, ci esimono dal fare telefonate di auguri, ci stupiscono, ci consolano) e un difetto: sono fabbriche di leggende metropolitane.

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