Tumore al polmone, il test c’è
ma le cure non sono conseguenti

I risultati di un nuovo sondaggio mondiale condotto sugli oncologi esperti di tumore polmonare indicano che, nonostante l’81% dei pazienti con nuova diagnosi di carcinoma polmonare non a piccole cellule (NSCLC) sia stato sottoposto al test per individuare mutazioni di EGFR, un numero considerevole di essi non ha ricevuto una terapia personalizzata sulla base del tipo di tumore o della sua caratterizzazione molecolare.

I risultati del sondaggio, promosso da Boehringer Ingelheim, a cui hanno partecipato 562 oncologi di 10 Paesi (Canada, Francia, Germania, Italia, Giappone, Corea del Sud, Spagna, Taiwan, Regno Unito e Stati Uniti), sono stati presentati allo European Lung Cancer Conference (ELCC) di Ginevra.

L’indagine ha evidenziato che, in quasi 1 paziente su 4 con NSCLC avanzato, la terapia di prima linea è stata avviata prima che fossero disponibili i risultati del test sulle mutazioni EGFR, con differenze significative fra le varie regioni geografiche (intervallo: dal 12% in Asia al 30% in Europa). Le ragioni principali per cui non tutti i pazienti vengono sottoposti al test, sono risultate essere (oltre all’istologia del tumore): «tessuto insufficiente”/”incertezza sul fatto che il tessuto fosse sufficiente», «scarsa efficienza» e «tempi troppo lunghi per avere i risultati».

Le linee guida internazionali raccomandano che il test per l’individuazione delle mutazioni EGFR venga eseguito al momento della diagnosi di NSCLC avanzato, e che i risultati guidino le scelte sulla terapia, per garantire che i pazienti ricevano trattamenti specifici appropriati sulla base del tipo di tumore.

Questo è importante perché i pazienti con carcinoma polmonare avanzato con mutazione EGFR possono trarre benefici in termini di sopravvivenza libera da progressione della malattia e qualità di vita attraverso terapie target, rispetto alla chemioterapia standard. Inoltre, dati recenti hanno mostrato che una specifica terapia target ha aumentato la sopravvivenza complessiva dei pazienti con la mutazione più frequente (Del19) rispetto alla chemioterapia.

Il NSCLC è la forma più diffusa di tumore polmonare. Mutazioni specifiche di questo tumore, note come mutazioni EGFR, vengono riscontate nel 10-15% dei pazienti caucasici e nel 40% di quelli asiatici.

«L’impegno della ricerca sul tumore polmonare da parte di Boehringer Ingelheim - ha spiegato Gerd Stehle, Vice Presidente Medicine Therapeutic Area Oncology di Boehringer Ingelheim - va al di là degli studi clinici. Questa indagine mondiale fa parte delle attività che conduciamo costantemente per approfondire le conoscenze sulla pratica clinica, utilizzando queste informazioni per rispondere al meglio alle necessità dei pazienti e di chi se ne prende cura».

Per quanto riguarda i risultati relativi all’Italia, si evidenzia che il test per la mutazione EGFR prima della terapia di prima linea viene effettuato nel 79% dei casi (in confronto al 77% della media europea). In aggiunta, nel 67% dei casi è stato effettuato il test e i risultati sono stati disponibili prima dell’inizio della terapia di prima linea rispetto ad una media europea del 57%.

«In Italia un’elevata percentuale di pazienti affetti da tumore polmonare viene sottoposta al test per la mutazione del fattore di crescita epidermico (EGFR) - sottolinea Silvia Novello, Presidente di WALCE (Women Against Lung Cancer in Europe) - ma ci sono pazienti (e familiari) che richiedono di iniziare subito la terapia di prima linea, senza attendere l’esito del test. Alla luce dei dati emersi da questo lavoro presentato credo che ci siano alcuni concetti importanti da sottolineare nell’interesse dei pazienti: oggi esistono terapie mirate per alcuni tipi di tumore polmonare e i casi con mutazione di EGFR ne sono un esempio, che traggono beneficio da un trattamento specifico, fin dal momento della diagnosi. E’ fondamentale che tutti gli elementi necessari per impostare una terapia vengano acquisiti prima di iniziare la terapia stessa e, pur comprendendo lo stato di angoscia che accompagna quei momenti, è necessario aspettare quel tempo tecnico per la realizzazione di tutti i test, compreso quello per la mutazione di EGFR, che ormai in Italia è in media pari a una settimana».

TUMORE POLMONE, NIVOLUMAB RAGGIUNGE ENDPOINT
Bristol-Myers Squibb ha annunciato che lo studio di fase III, in aperto, randomizzato per valutare nivolumab rispetto a docetaxel in pazienti con tumore del polmone non a piccole cellule (NSCLC) non squamoso metastatico, precedentemente trattati, è stato interrotto in anticipo; infatti sulla base della valutazione del Comitato indipendente di monitoraggio dei dati (Data Monitoring Committee) ha raggiunto l’endpoint dimostrando una sopravvivenza globale superiore nei pazienti trattati con nivolumab rispetto a quelli nel braccio di controllo.

L’azienda condividerà presto i dati con le autorità sanitarie.

«I risultati dello studio CheckMate -057 con nivolumab dimostrano per la seconda volta un vantaggio in termini di sopravvivenza nel tumore del polmone - ha detto Michael Giordano, senior vice president Bristol-Myers Squibb -. Il nostro programma di sviluppo clinico di nivolumab mira ad offrire al maggior numero di pazienti la possibilità di una sopravvivenza a lungo termine, in diverse linee di terapia e in diversi stadi di malattia».

Bristol-Myers Squibb si è inoltre attivata per permettere che i pazienti eleggibili siano informati della possibilità di proseguire o iniziare il trattamento con nivolumab nell’estensione in aperto dello studio, in linea con l’impegno dell’azienda a consentire ai pazienti l’accesso a nivolumab e offrire la possibilità di una sopravvivenza a lungo termine. L’azienda completerà la valutazione dei dati dello studio CheckMate -057 e lavorerà insieme agli sperimentatori per la presentazione e pubblicazione dei risultati.

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