Una favola e lo sguardo all’insù
Daniela Gregis sogna a Milano

«A volte cerca un posto dove possa volgere il naso all’insù e vedere solo il colore blu. In questo istante, Celeste dimentica tutto e non si sente persa». Una favola per raccontare la collezione primavera/estate 2015 di Daniela Gregis.

«A volte cerca un posto dove possa volgere il naso all’insù e vedere solo il colore blu. In questo istante, Celeste dimentica tutto e non si sente persa». Una favola per raccontare la collezione primavera/estate 2015 di Daniela Gregis.

La bergamasca, con il suo regno in Città Alta fatto di artigianalità, tessuti naturali e colori intensi, torna a Milano e, come da tradizione, ha sfilato in Sant’Ambrogio ieri sera durante la Settimana della Moda donna. In contemporanea con Prada, ma per un mondo più di nicchia : «Come dobbiamo essere? Sicuramente più noi stessi – dice -. Fermandoci a guardare più all’insù, al cielo e a quello che racconta». Come fa Celeste, la protagonista della fiaba che dà il nome alla collezione: «Cotone, seta, lino, canapa, più liscio e più ruvido – continua Daniela –. I miei vestiti sono rete e tessuto».

Tinte unite, colori intensi, ma anche fantasie. E poi sciarpe dipinte, scarpe di corda e legno, coi cappelli che sono quasi turbanti. E non ci sono solo il blu e il bianco: «Non solo cielo e nuvole» continua la stilista bergamasca che lavora a stretto contatto con la figlia Marta e una squadra di giovanissime («Le mie bimbe» le chiama lei): «Ci sono le stelle e c’è la luna». Poetica, ermetica, Daniela Gregis è così che affascina con i suoi abiti morbidi e fluttuanti, con un’architettura ancora artigianale del vestire.

Che incanta il Giappone: «Ma anche gli americani: la nostra presenza in Asia e Stati Uniti ormai si equipara», considerando anche che a New York la bergamasca è al Dover Street Market, concept store ideato da Comme des Garcons. «Difficile è mantenere il nostro livello artigianale e di qualità con una richiesta alta e con un mercato sempre più dei grandi numeri» spiega e continua a giocare con il tessuto, ma senza mai stravolgere quella che la Gregis chiama la «banalità delle mie stoffe»: naturali, essenziali, e per questo capaci di trasmettere emozioni che vanno alla radice. «Il tessuto è l’essenza: un giorno finirà che mi fermerò a quello» sorride con provocazione mentre il suo asterisco, marchio ed etichetta della sua realtà moda, è esportato in tutto il mondo e considerato espressione di avanguardia. Mai inflazionata ma sempre nel panorama fashion, piccola tra i grandi della moda. E ci si può scommettere: di trovarla, nei pomeriggi di Città Alta, fuori dai suoi laboratori tra via Colleoni e vicolo Aquila nera, con lo sguardo rivolto agli spicchi di cielo che si intravedono tra i vecchi muri.

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