Zucche vuote?
Per favore, no

L’altro ieri ho visto una signora uscire dal fruttivendolo con una zucca tra le mani. Se fossi stata ai tempi in cui ero piccola, quindi vent’anni fa, avrei pensato che ne avrebbe fatto un risotto. Invece, ho pensato che l’avrebbe scavata, le avrebbe inciso degli occhi, un naso e una grande bocca. Possibilmente tutti dall’aspetto pauroso.

Certo, per «Halloween». Da «All Hallow Eve», che letteralmente significa «vigilia di tutti i santi», ma che nella realtà si traduce in feste a tema, negozi addobbati con fantasmi, zucche e pipistrelli, bambini che si travestono e che vanno di casa in casa a chiedere «dolcetto o scherzetto?». La festa, che affonda le sue origini nelle trazioni celtiche pre-cristiane, negli anni diventata molto commerciale, è tipica dei paesi anglosassoni (e specialmente degli Stati Uniti) e da circa 10 anni è diventata di moda in Italia. E a questa moda, c’è chi aderisce e chi no.

Cercando testimonianze del «fronte del no», ho notato che non riguarda solo il nostro Paese, ma anche altre nazioni. Navigando sul web e tra i social network è facile trovarsi di fronte a testimonianze in varie lingue (molto presente la lingua spagnola), pagine Facebook che non sostengono Halloween, che propongono gesti alternativi che richiamano la fede cattolica e che ricordano di celebrare il giorno seguente, ossia il 1 novembre, la festa di «Ognissanti» (qualche anno fa, ad esempio, dei sacerdoti avevano proposto di far vestire i bambini come santi).

E poi messaggi, articoli, testi, immagini e video che dichiarano e spiegano il perché non bisognerebbe partecipare ed aderire. Sono soprattutto richiami ai cristiani (non solo cattolici) a ricordare l’appartenenza e le radici della propria fede e quindi a rifiutare una ricorrenza che non le appartiene. Inviti a non cedere alla moda, ma di approfondire la conoscenza della festa: si scoprirebbero così sue origini pagane che si scontrano con la fede cristiana.

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