Il gioco è un azzardo? Ecco il test
Tredici domande per capire di più

Tredici domande veloci veloci per capire se e quanto il gioco d'azzardo è entrato nella nostra vita. Mai sottratto del tempo al lavoro o allo studio a causa dei giochi o delle scommesse? Mai chiesto in prestito denaro a qualcuno a causa del gioco senza restituirlo?

Tredici domande veloci veloci per capire se e quanto il gioco d'azzardo è entrato nella nostra vita. Mai sottratto del tempo al lavoro o allo studio a causa dei giochi o delle scommesse? Mai chiesto in prestito denaro a qualcuno a causa del gioco senza restituirlo?

Il questionario che proponiamo è lo strumento scientifico più utilizzato nelle ricerche e negli studi sul gioco d'azzardo per riconoscere i comportamenti eccessivi e patologici. Si chiama Sogs (South Oaks gambling screen) e viene utilizzato in fase di valutazione diagnostica come test autosomministrato, anche nei Sert della nostra provincia. Un primo banco di prova, in attesa del decalogo che l'Asl di Bergamo distribuirà prossimamente.

Il test, se da una parte consente a chi lo compila di farsi un'idea della sua situazione (da 0 a due punti si può stare tranquilli, da 3 a 4 si è a rischio e oltre i 5 punti si può parlare di gioco d'azzardo patologico e quindi è il caso di rivolgersi a uno specialista dei Sert), dall'altra offre agli specialisti un quadro completo.

«Il gioco d'azzardo patologico non è una patologia semplice, ma sicuramente legata ad aspetti familiari, relazionali e ovviamente di compulsione - spiega Massimo Corti, responsabile del Sert di Treviglio -. Tutte le domande di questo test si riferiscono a sei item che aiutano a tracciare un quadro completo: aspetti depressivi, compulsione del gioco, uso a rischio del denaro, pensiero magico, la riduzione di interessi sociali e l'alterazione dell'autostima. Ogni risposta ci permette di identificare il tipo di giocatore, di definire quel giocatore rispetto alle sue fragilità più specifiche».

Sì, perché chi cade nella trappola dell'ossessione del gioco manifesta, magari da tempo, fragilità a livello di personalità, «e se non si va a lavorare su questi aspetti di base - aggiunge Corti -, si fa molta fatica a ottenere risultati positivi». Come a dire che dal gioco non si esce con una pillola e tantomeno in un paio di settimane.

Occorre tempo, impegno e la disponibilità a farsi leggere come un libro aperto, svelando (magari scoprendo) le proprie debolezze. Quali? Tipico del giocatore patologico l'utilizzo abnorme del denaro «che di solito è presente anche in precedenza, ad esempio in chi manifesta shopping compulsivo, chi gioca in borsa e fa un uso comunque poco pensato del denaro - prosegue il responsabile del Sert di Treviglio, da tempo impegnato ad arginare la piaga della ludopatia -. Poi il pensiero magico: è una magia che condiziona la mia vita, un disegno più grande che si manifesta in alcuni segni. Un altro aspetto è un'alterazione dell'autostima, o in termini di svalutazione o di narcisismo: io sono in grado di fare ciò che voglio, è il caso del giocatore scientifico che calcola tutti gli algoritmi delle combinazioni». C'è poi l'aspetto compulsivo, il «non riesco a non fare».

Chi arriva ai Sert per problemi di gioco di solito viene invitato a tenere un diario emozionale degli eventi: «Si chiede di scrivere quanto ha giocato - spiega Corti -, dove ha giocato, in che situazione, ma anche gli aspetti emozionali, quindi cosa ha preceduto questo momento e come si sentiva dopo. Questo in modo di cercare di inserirlo in un discorso cognitivo comportamentale». A tale proposito Corti cita un «esempio stupido: se uno mi dice che tutte le volte che fuma lo fa subito dopo il caffè, perché non prova a bere il tè? E se vai in un bar e ci sono le macchinette, devi cambiare bar». Cercarne uno con esposta la nostra vetrofania noslot.

Marta Todeschini

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