«Peluso? A 19 anni andò alla Juve
L'AlbinoLeffe diceva: è un bidone»

Lo «zio Sandro» dice che la strada del figlioccio era segnata. «Peluso alla Juve c'è già stato: a 19 anni, lo portai io». Un giorno del gennaio 2003 alla porta di Sandro Turotti e della Pro Vercelli, la stessa, suonarono sirene bianconere.

Lo «zio Sandro» sorride e dice che la strada del figlioccio era segnata. «Peluso alla Juve c'è già stato: aveva 19 anni, lo portai io». Un giorno del gennaio 2003 alla porta di Sandro Turotti e della Pro Vercelli, la stessa, suonano sirene bianconere. La Juventus ha messo gli occhi su quel ragazzino «alto e magrissimo», Federico Peluso, arrivato a Vercelli un paio di anni prima su segnalazione del guru Sergio Vatta, in fuga dal settore giovanile della Lazio.

«La società scarica ‘sti ragazzini e non so perché, sono fortissimi. Prendili, non costano nulla, mi disse Vatta. Li chiamammo per un provino ed erano forti davvero». Peluso, La Rocca, Proietti. Sono tre figliocci di Formello a cui la Lazio ha detto ciao. Hanno un grande avvenire alle spalle e sono liberi. «Peluso me lo ricordo, alto e magro ma già fisicamente esplosivo. Fu il primo ragazzino a cui facemmo un contratto da professionista: 1,2 milioni al mese dopo il rimborso spese il primo anno. Stava in un albergo senza il bagno in camera, quando lo vidi mi venne un colpo e trovammo un pensionato di frati in città. Da allora è sempre stato un mio pupillo, e per mandarlo alla Juve quell'anno litigai col suo procuratore».

Sandro Turotti ora è in attesa di una chiamata dal calcio dopo aver chiamato il calcio alla sbarra. Direttore generale della Cremonese nell'estate di Scommessopoli 2011, autore della denuncia a Cremona che ha scoperto il vaso di Pandora, ma prima diggì dell'AlbinoLeffe del boom, scopritore di Federico Marchetti, diggì della Pro Vercelli del baby Peluso. Il ragazzo ha 19 anni. Ha superato il provino, il trasloco da Roma a Vercelli, la Berretti, l'esordio in prima squadra in C2, l'albergo senza bagno e quello dei frati, l'allergia alla scuola. Ha fatto palestra e messo su muscoli quando la Juventus chiama.

«Nel gennaio 2003 la Pro Vercelli aveva bisogno di soldi – ricorda Turotti – e Peluso piaceva. Lo voleva Zamagna al Parma, ma non trovammo l'accordo per l'ingaggio, lo avevano seguito il Milan e il Newcastle. Lo cedemmo in prestito alla Juventus per 40 milioni fino a giugno, lui e D'Agostino (Antonino detto «Gigi», all'Atalanta nel 2005-2006, ndr), fissando il riscatto a 300 milioni, a giugno, per la metà del cartellino. Peluso giocava e non giocava nella Primavera, non se la cavava male, ma la Juve alla fine non lo riscattò. In estate tornò a Vercelli, ma io non c'ero già più». Peluso fa il titolare alla Pro Vercelli in C2 ma la squadra retrocede. Finisce alla Ternana, non decolla ma non esce dal mirino di Turotti che nel frattempo è sbarcato all'AlbinoLeffe.

Nell'agosto del 2006 Turotti va a riprendersi il pupillo a Terni. «Ma all'inizio Peluso all'AlbinoLeffe fu un caso. Dopo la prima settimana di allenamenti si bloccò e qualcuno disse che era un bidone.

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