Il nuovo nome dello stadio?
Una partita da milioni di euro

I tifosi spingono per le glorie del passato, ma l’ipotesi più probabile è quella di uno sponsor.

«Il nome? La cambieremo sicuramente». Il presidente dell’Atalanta Antonio Percassi è stato lapidario sula futura denominazione dello stadio «Atleti Azzurri d’Italia», nato «Brumana» (Mario, eroe fascista), diventato poi Comunale nel dopoguerra e infine «Atleti Azzurri d’Italia». E subito si sono scatenate tutte le fantasie possibili sul nome, dal classico «Achille e Cesare Bortolotti» (un must per i tifosi che hanno apposto anni fa «motu proprio» una targa all’esterno dell’impianto) a «Chicco Pisani», passando per «Atalanta Stadium», «Dea stadium» e chi più ne ha più ne metta.

In realtà è abbastanza improbabile che la denominazione scelta sia così, come dire, «romantica»: molto più probabile che si ricorra alla sponsorizzazione anche in questo caso o, meglio, al cosiddetto «naming rights», una partita da milioni di euro. In sostanza si tratta della possibilità data a terzi di mettere il nome della propria impresa sullo stadio, dietro corrispettivo di una cifra annuale: un vero e proprio contratto di titolazione. Chiaro che per poterlo fare occorre essere proprietari dell’impianto, e ora l’Atalanta lo è. Ed è altrettanto chiaro che non si farà sfuggire un’occasione del genere, considerando anche la fitta rete di contatti commerciali di Percassi. Magari con un occhio più di riguardo a quelli ben presenti sul territorio.

Secondo un’indagine di Sponsorship Today il valore globale del mercato dei naming rights è di 750 milioni dollari l’anno. La Juventus ha stretto un accordo con il colosso delle assicurazioni Allianz, roba da 3 milioni di euro a stagione: il medesimo colosso ne verserà 80 in 30 anni per lo stadio di Monaco casa del Bayern (e del derelitto Monaco 1860 quando tornerà a riprendersi), Emirates ha contribuito in modo decisivo a far quadrare i conti del nuovo impianto londinese dell’Arsenal, i tedeschi dello Schalke 04 incassano 5 milioni l’anno dalla Veltins, il Manchester City 10 (di sterline) da Etihad.

Dati alla mano, in Germania 3 stadi su 4 della Bundesliga hanno il nome di uno sponsor, in Spagna il nuovo impianto (bellissimo) dell’Atletico Madrid si chiama Wanda Metropolitano da quel Wanda Group colosso immobiliare proprietario del 20% del club. In Italia, prima della Juventus, curiosa la storia dello stadio di Reggio Emilia, quello dove l’Atalanta gioca i match di Europa League. È nato come primo impianto di proprietà di una squdra di calcio, la Reggiana, con denominazione dell’allora sponsor granata, Giglio: è poi passato di mano al Sassuolo e il patron Squinzi gli ha messo il nome di Mapei Stadium, come la sua azienda. Ultimo esempio del genere, la Dacia Arena di Udine, ovvero la versione riveduta, corretta e moderna del vecchio Friuli: la casa automobilistica oltre che essere main sponsor dei bianconeri ha messo pure il nome sull’impianto.Istituto per il Credito Sportivo e Ubi Banca insieme per l’Atalanta.

© RIPRODUZIONE RISERVATA