Il leone scolpito alla base del ponte
Enigma sull’acqua del Brembilla

di Sabrina Penteriani

All’imbocco della Valle Brembilla c’è un piccolo ponte medievale. Lo chiamano «Il ponte del Cappello». Un tempo, prima della costruzione della via Priula, veniva usato da chi arrivava da Almenno per raggiungere la Valle Brembana.

All’imbocco della Valle Brembilla c’è un piccolo ponte medievale. Lo chiamano «Il ponte del Cappello». Un tempo, prima della costruzione della via Priula, veniva usato da chi arrivava da Almenno (l’antica Lemine, sede della corte regia prima longobarda e poi franca che governava queste zone) per raggiungere la Valle Brembana passando da Clanezzo e Ubiale.

È un ponte che nasconde un mistero, a filo d’acqua, alla base di uno dei due piloni che lo sostengono: una figura, forse un volto. I contorni sono deteriorati dal tempo: difficile dire, a un primo sguardo, cosa possa essere. «Un tempo –racconta lo storico locale Giuseppe Pesenti – gli abitanti del luogo lo mostravano ai bambini per tenerli buoni, per fargli un po’ paura, per metterli in soggezione». Gli occhi rotondi, la bocca semiaperta, il naso pronunciato: proprio una «brutta faccia», che poteva appartenere a un uomo spiritato.

Il primo aspetto curioso è la posizione: «Ci si aspetterebbe – sottolinea Pesenti – di trovare una scultura al culmine del ponte, non alla base di un pilone, dove si fa fatica a vederla». Tanto più che spesso viene ricoperta dalla vegetazione: «Mi ci sono volute tre o quattro visite per scoprire, armato di binocolo, la misteriosa immagine», afferma lo storico.

Nel tempo, il mistero che avvolge il ponte, di cui non si conosce con esattezza neppure l’epoca della costruzione, ha fatto fiorire molte ipotesi fantasiose intorno a quell’immagine, come riferisce anche il forum valbrembanaweb.com, luogo di incontro virtuale di tanti appassionati di storia della valle: c’è stato per esempio chi l’ha avvicinata ad altre sculture altrettanto curiose, come il teschio con due ossa che si può vedere a Cusio, sul tornante poco sotto la chiesa, sotto un’antica santella.

E da qui mille possibili interpretazioni, tra storia e leggenda: un teschio compare ai piedi delle antiche crocifissioni, ma viene associato anche alla presenza dei cavalieri Templari (era un simbolo presente sulla loro bandiera) o alle Danze Macabre e al Trionfo della Morte di moda nel ’500, e legato perfino alla Massoneria.

Niente di tutto questo però, si ritrova in realtà nell’immagine del ponte: «La misteriosa maschera – chiarisce Pesenti, che ha pubblicato di recente la sua scoperta sui Quaderni Brembani numero 12 – è in realtà l’incisione su pietra del muso di un leone ripreso frontalmente con la bocca semiaperta, con un largo naso e con due grandi occhi tondi. Una fotografia della scultura scattata con pochi ingrandimenti mostra poi in modo chiaro l’esistenza di una larga corona di peli che si sviluppa da un lato all’altro della testa, dettaglio questo non molto visibile ad occhio nudo stando sulla parte del greto del torrente più facilmente accessibile. Proprio da questa posizione, che è spostata rispetto alla linea frontale, la figura si vede un po’ di profilo e se non si notano i particolari dei peli sembra di vedere un viso umano con due grandi occhi spalancati e fissi nel vuoto, in un atteggiamento che esprime e incute paura. Quasi di certo da questo luogo, dove a volte andavano a giocare, i bambini dei Ponti di Sedrina in un tempo passato vedevano e ricordavano quell’immagine poco rassicurante».

La scultura è larga circa 25 centimetri, alta 35, profonda 6 e si trova al centro di una grande pietra squadrata larga 60 centimetri e posta alla base del corpo del ponte compreso tra la spalla destra e l’arcata vera e propria. Ci si chiede, quindi, ancora che cosa ci faccia un leone in quel punto. Di certo è un leone veneto, che allora veniva usato come marchio per eccellenza di propaganda politica, e testimoniava che l’opera era stata costruita con contributi economici governativi. Il tratto dell’incisione, paragonato con altri presenti in manufatti edili della Lombardia, fa risalire, come documenta Pesenti, la presenza del ponte in pietra in un periodo a cavallo tra il 1500 e il 1600, e quindi un’origine ancora più antica, forse addirittura nel 1200 (ma non esistono documenti che lo provino). Nel 1796 ci fu un crollo e poi una lenta e faticosa ricostruzione da parte del comune di Ubiale, in tempi di ristrettezze economiche, all’inizio dell’Ottocento, impiegando le stesse pietre: forse per questo, visto che si era ormai in epoca napoleonica, il leone venne ricollocato in posizione visibile ma defilata. Il ponte del Cappello perse lentamente importanza dopo la costruzione della strada Priula (tra il 1592 e il 1594) e fu abbandonato con la costruzione nel 1910 della nuova strada carrozzabile tra Ubiale e i Ponti di Sedrina, e del tutto dimenticato a partire dal 1980 quando fu realizzato il nuovo tratto tra Clanezzo e Ubiale.

Dell’antico percorso è rimasto un tratto discretamente conservato di circa 600 metri che dal centro di Ubiale conduce verso la valle di Brembilla. Infine, il nome: un cartello turistico, ci dice ancora lo storico Pesenti «lo definisce ponte medioevale del cappello dal cognome di una delle ultime famiglie che visse in una casa vicina, sulla riva sinistra del torrente Brembilla, demolita già da vari decenni.

Ma sulle mappe napoleoniche viene chiamato, semplicemente Ponte di Ubiale». Un ponte che, conclude lo storico «non merita di essere dimenticato».

Sabrina Penteriani

(12 - Continua. Puntate precedenti 8, 11, 15, 18, 22, 25, 29 luglio e 1, 5, 8, 15 agosto)

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