Accoltellò la moglie, condannato a 7 anni
«Ma non la obbligai a mettere il velo»

Si è concluso il processo a carico dell’uomo di 59 anni, di origini marocchine, in carcere con l’accusa di tentato omicidio: condannato a 7 anni. Alla moglie che lo aveva accusato di averla colpita «perché non volevo mettere il velo islamico» un risarcimento provvisionale di 50 mila euro. Lui nega: frequentavo poco la moschea, il velo non c’entra.

L’udienza conclusiva si è tenuta martedì 15 dicembre al Tribunale di Bergamo. Il pm aveva chiesto 5 anni e 4 mesi, mentre il difensore il difensore dell’imputato, l’avvocato Luca Bosisio, aveva chiesto di derubricare l’imputazione da «tentato omicidio» a «lesioni personali gravi» o di infliggere una condanna inferiore ai 3 anni, in modo che l’uomo potesse ottenere l’affidamento in prova ai servizi sociali e non perdere il suo lavoro. Il Collegio del Tribunale di Bergamo però non ha accolto le richieste, condannando l’imputato a 7 anni di reclusione, con un risarcimento di 50 mila euro alla moglie. Il legale ha anche chiesto di concedere gli arresti domiciliari al suo assistito: il Collegio si è riservato di decidere in attesa di visionare i referti del reparto psichiatrico dove l’uomo era stato ricoverato perché, dopo il fatto, si era ferito volontariamente.

Il dramma familiare risale a un anno fa e ha come protagonisti una cinquantenne marocchina residente con i figli nell’hinterland e il marito, 59 anni, in carcere per tentato omicidio nei suoi confronti: a tutela dei figli, alcuni minorenni, omettiamo le generalità dei genitori. Nella scorsa udienza la donna aveva raccontato così i fatti: «Ero allo specchio, mi stavo preparando per andare a lavoro, quando ho sentito una coltellata alla schiena, vicino al polmone. Mi sono girata, e il padre dei miei figli mi ha colpito alla pancia e poi ancora al petto». Il motivo? «Avevamo litigi frequenti, soprattutto da quando lui si era avvicinato di più alla moschea e voleva fare la figura del buon musulmano: voleva che anche io mettessi il velo e che mi comportassi come una moglie musulmana. Io sono nata musulmana, ma non sono mai stata molto praticante: mi ha conosciuto così e voglio restare così, lo trovo giusto. Preferisco farmi uccidere che vivere una vita come vuole lui». Sul posto erano accorsi carabinieri di Curno e 118: ricoverata, la donna era stata giudicata guaribile in trenta giorni; il marito invece, dopo un periodo di cura (a sua volta si era ferito volontariamente), a gennaio era stato messo in carcere per tentato omicidio.

L’uomo durante il processo ha però negato di averle imposto il velo: «Non è vero che l’ho obbligata a mettere il velo– è il succo della sua versione – frequentavo poco la moschea. Anche a mia figlia non ho mai proibito di andare in discoteca».

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