Bergamo «bel suol di mafia»
Libera elenca le «notizie di reato»

Sono cinquanta le «notizie di reato mafioso», ovvero articoli e segnalazioni che, attraverso i media provinciali e i documenti ufficiali, Libera Bergamo ha selezionato per segnalare la presenza della criminalità organizzata, di stampo mafioso, camorristico o ‘ndranghetistico, tra l’Adda e l’Oglio.

Il «Dossier 2016», infatti, riporta articoli giornalistici, libri, atti parlamentari, ordinanze di custodia cautelare e sentenze di tribunali. Il coordinamento bergamasco di «Libera» ha scelto un giorno simbolicamente importante, quello dell’assassinio di Giovanni Falcone, per presentare il suo dossier su mafie e criminalità organizzata nella provincia orobica. Lo ha fatto, come nella precedente occasione (nella quale il dossier raccoglieva 50 anni di storia mafiosa a Bergamo), in un incontro pubblico, nel palazzo della Provincia, cui hanno preso parte decine di persone, tra le quali molti studenti.

Anche quest’anno sono stati messi in fila, in ordine cronologico, mese per mese, fatti che dimostrano come sia ormai sbagliato il concetto dell’infiltrazione malavitosa, o del rischio di un inquinamento mafioso in terra orobica:«La criminalità organizzata a Bergamo esiste, fa affari d’oro, e ormai genera personale autoctono. È necessario che se ne prenda piena consapevolezza» ha commentato Francesco Breviario, referente provinciale per l’Associazione.

Si va dal rogo sospetto in una ex banca di Foresto Sparso, a gennaio, alla richiesta delle condanne, per un omicidio nel giro dello spaccio a Zingonia….provincia profonda e spesso dimenticata dalla grande cronaca: in queste situazioni, l’ingresso della criminalità è agevolato.

Nel mezzo, 911 chilogrammi di droga sequestrata dalle forze dell’ordine in provincia di Bergamo nel corso dell’anno, e 1.895 «segnalazioni di operazioni sospette» raccolte per la Bergamasca dall’Unità di informazione finanziaria della Banca d’Italia: rispetto al 2015, l’aumento è del 37%. «Il 2016 ha segnato un numero allarmante di episodi, il più alto da quando abbiamo avviato il nostro lavoro di monitoraggio - spiega Luca Bonzanni dell’Osservatorio sulle mafie in Bergamasca di Libera. Per il traffico di droga, ad esempio, la nostra provincia si conferma uno snodo cruciale per la Lombardia, e dunque per l’intero Nord Italia. E all’interno del mondo criminale raccontato nel dossier, si riscontra spesso un ruolo di primo piano per soggetti bergamaschi: abbiamo persone nate e cresciute a Bergamo che sono indagate per associazione mafiosa insieme a persone legate alla ‘ndrangheta. Anche a Bergamo, dunque, una terra a lungo considerata “impermeabile”, la criminalità organizzata ha saputo affondare radici profonde».

L’opera di Libera ne testimonia la presenza dal «lontano» 1964, anno di avvio della politica dei «confini»: Genco Russo a Lovere fu il primo padrino a soggiornare all’ombra delle Prealpi. Da allora, il “turismo” e gli affari non si sono più fermati. Anzi, soprattutto la ‘ndrangheta ha attuato una sistema di controllo del territorio. Risale al 1975 l’apertura del locale di ‘ndrangheta di Calolziocorte, uno dei più antichi della Lombardia, cui si aggiungono le due cosche individuate tra Bassa bergamasca e Valcalepio (quest’ultima legata al potente clan Bellocco) dall’operazione «Nduja» nel 2005, la più importante inchiesta anti -‘ndrangheta che ha coinvolto la provincia orobica.

Da quel 2005 a oggi, sono quasi un centinaio gli arresti per mafia o criminalità organizzata che hanno coinvolto la Bergamasca: basta spulciare le carte di ogni grande inchiesta contro i clan nel Settentrione, i collegamenti con questa provincia non mancano mai. E tanti sono stati i campanelli d’allarme spesso ignorati: come i 55 incendi dolosi o sospetti registrati negli ultimi dieci anni, segnale tipico dell’intimidazione criminale. «Chiudere gli occhi, ora, sembra più difficile anche per Bergamo», ha concluso Breviario.

Rispetto alle infiltrazioni nell’economia, sottolinea Bonzanni, sono preziose le parole di Vincenzo Tomei, comandante della Guardia di Finanza di Bergamo: «Agli imprenditori avvicinati dai clan bisogna dire che è meglio fallire piuttosto che mettersi in quelle mani, perché la conseguenza finale sarebbe comunque il fallimento, a cui si aggiungerebbe probabilmente il ricorso alla violenza».

«Per il secondo anno accogliamo e diffondiamo l’iniziativa di Libera - ha detto il presidente della Provincia di Bergamo, Matteo Rossi - nell’ottica di sensibilizzare il territorio a una nuova cultura della legalità. Nell’ambito del protocollo sottoscritto, è importante diffondere le buone pratiche per il riutilizzo dei beni confiscati o sequestrati, valorizzando le esperienze dei comuni bergamaschi più virtuosi».

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