Birre artigianali, bergamaschi super
Tra i produttori migliori d’Italia

Le birre bergamasche si confermano tra le migliori d’Italia. I marchi orobici anche quest’anno monopolizzano la «Guida alle birre d’Italia» pubblicata da Slow food.

Da fenomeno di nicchia, le bionde (ma anche rosse, ambrate, scure) artigianali si sono moltiplicate in modo esponenziale diventando una realtà importante.

Ecco le bergamasche finite in classifica

Le Birre Slow. «Cosa significa? Birra che oltre a essere eccellente per valore organolettico è in grado di emozionare, perché racconta la storia di un territorio, di un birrificio o di un birraio»: Punks Do It Bitter – Elav, Comun Nuovo.

Le Birre Quotidiane. Cosa significa? Birra di grande qualità organolettica che ha come caratteri principali equilibrio, semplicità e piacevolezza. Loertis e Rosa (birrificio Via Priula, San Pellegrino Terme), No War (Elav, Comun Nuovo), Tzunami (Hop Skin, Curno), Albarossa, Calypso e Sunflower (Valcavallina, Endine Gaiano), Malombra, Milkyman, Vermillion (Endorama, Grassobbio), Wave Runner (Hammer, Villa d’Adda).

Le Grandi Birre. Cosa significa? Birra di assoluto valore organolettico, da non perdere: Camoz e Morosa (birrificio Via Priula, San Pellegrino Terme), Aeresis Black Ale (Elav, Comun Nuovo), Dark Side (Valcavallina, Endine Gaiano), Caliban (Endorama, Grassobbio), Killer Queen (Hammer, Villa d’Adda).

«Slow Food fin dagli albori del movimento birrario ha intuito la portata rivoluzionaria di quei pochi, visionari artigiani che nella seconda metà degli anni Novanta aprivano i primi brewpub italiani – si legge nella presentazione della guida -. Fin dal primo momento ha capito che si stava vivendo una fase storica importantissima, che avrebbe cambiato per sempre il concetto stesso di birra. Ha seguito i birrai nella loro crescita, cercando sempre di indagare, assieme a loro, le dinamiche complesse di questa evoluzione. Quella che avete tra le mani è il frutto di questo lungo e appassionante percorso. Come ogni guida è un’espressione personale, soggettiva, purché sia frutto di un pensiero condiviso, comune a chi la scrive. Noi pensiamo che i produttori italiani siano fortunati: non devono sottostare a regole, a tradizioni, a culture che in altri Paesi rischiano di essere bloccanti. Sono liberi di spaziare tra le mate- rie prime, le tecniche produttive, le ispirazioni stilistiche. Siamo convinti che questa libertà sia una grande ricchezza, forse la più grande e per questo, quando assaggiamo una birra, cerchiamo di non pensare allo stile di riferimento, di non farci condizionare dal confronto con i grandi classici, ma invece di “leggere” ogni birra con la stessa libertà che i birrai hanno nel produrla».

© RIPRODUZIONE RISERVATA