Il racconto dell’Unci sulle «sue» donne
Figure eccezionali al servizio degli altri

È stato presentato lunedì il volume curato da Tina Mazza dedicato alle figure femminili dell’associazione.

Un mondo ricco e variegato dove il denominatore comune è quello di spendersi per gli altri, per chi ne ha bisogno. È il mondo delle donne Unci, l’Unione nazionale cavalieri d’Italia, che lunedì pomeriggio ha voluto dare omaggio alle tante socie che in questi anni hanno dato il proprio contributo all’associazione con la presentazione del volume «Donne dell’Unci». La serata, organizzata al Palazzo del Monte in viale Vittorio Emanuele, è stata aperta dal presidente nazionale e presidente provinciale dell’Unci, Marcello Annoni. «Grazie a tutti coloro che hanno creduto in questo progetto – ha esordito la responsabile nazionale delle Donne nell’Unci, Tina Mazza – e alle donne che hanno raccontato l’esperienza della propria vita per consentire una maggiore conoscenza del nostro mondo».

«Emergono figure di donne – ha sottolineato a sua volta il prefetto, Elisabetta Margiacchi - che hanno speso, e spendono, le proprie energie ben oltre l’impegno familiare mosse dall’unico desiderio di esserci per gli altri». Molte le personalità presenti in rappresentanza delle istituzioni civili e militari, dal presidente della Provincia, Matteo Rossi, al comandante della Polizia stradale, Mirella Pontiggia. Da Vicenza è arrivato anche il vicepresidente della locale sezione Unci, Vincenzo Riboni.

La presentazione del libro è stata anche l’occasione per ascoltare la testimonianza di lavoro e di vita del Procuratore di Bergamo, Carmen Pugliese. Un racconto quello della dottoressa Pugliese che ha tratteggiato senza mezzi termini il clima che all’epoca del suo ingresso in magistratura una donna viveva: «Oggi le donne in magistratura camminano su un red carpet, ma non è sempre stato così. Agli esordi della mia carriera, e anche fino a non molti anni fa, quando si parlava di magistrati si parlava di uomini e io, in quanto donna, vivevo tra continue battute, lazzi e frizzi, dei colleghi. Durante il tirocinio – ha ricordato il procuratore – un collega mi ha chiesto che cosa ci facessi lì e che avrei dovuto occuparmi di marito e figli».

Un lungo racconto quello della Pugliese costellato dei ricordi di tutti i pregiudizi che ha dovuto affrontare in quanto donna magistrato. Dal ricordo della sua carriera alle riflessioni su cosa significhi lavorare per la giustizia: «Per fare questo lavoro bisogna avere un grande equilibrio e tenere ben distinta la vita lavorativa dalla sfera privata».

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