L’Eco intervista Alberto Bombassei:
«Bergamo città competitiva e moderna»

Da ragazzo, le sue giornate erano scandite dalle sirene dello storico stabilimento Italcementi di Alzano. Da imprenditore ricorda quanto la Banca Popolare sia stata importante per la sua azienda fin dagli anni del decollo. Da bergamasco con la testa nel mondo sa cosa significa un aeroporto vincente a due passi da casa.

E allora chi meglio di Alberto Bombassei può osservare la mutazione genetica della città e provare a cogliere ciò che appare oltre i grandi, vecchi totem del nostro destino? Dal suo studio, nel quartier generale della Brembo al Kilometro rosso, lo scenario appare perfetto. Avvolto dalla modernità e dal successo di un’azienda di Formula uno (oltre due miliardi di fatturato nel 2015), Bombassei ha davanti a sé il moto perpetuo dell’autostrada. Ma una volta allungato lo sguardo, ecco irrompere la magìa immobile di Città Alta. Il trionfo della pietra e della tradizione, il baricentro d’una comunità, linee eterne che forgiano caratteri e chiedono impegni costanti.

Presidente, oltre i totem che Bergamo vede? «Una città competitiva, moderna, con la vocazione al lavoro che sta nel suo dna. Una città innovativa supportata dallo spirito imprenditoriale e dall’università, dalla ricerca e dalla capacità di rimanere sempre all’avanguardia. Ma questo è il punto di arrivo della nostra conversazione, parlerei di un totem alla volta».

Allora cominciamo dalla Banca Popolare, gioiello di Ubi Banca diventata Spa. Lei ha sottoscritto il Patto dei Mille. Tutti qui temevano uno sbilanciamento verso Brescia, ci siamo ritrovati a fare i conti con i fondi di Manhattan. Un errore di prospettiva? «È il mercato. Anche i più scettici hanno capito che non ha senso parlare di rivalità fra componente azionaria bergamasca e bresciana. Partecipo al Patto dei Mille perché ci credo, ma sono convinto che non debba essere percepito come un’espressione di antagonismo, bensì come un’opportunità di camminare insieme. L’importante è la qualità della banca, e questa deve rimanere alta. La Popolare è stata fondamentale, non c’è attività a Bergamo che non sia nata e cresciuta con lei. Anche la nostra. Negli anni 60 e 70 abbiamo cominciato con cinque dipendenti a Sombreno e l’affidamento della Popolare è stato fondamentale per la crescita. Papà mi diceva che chiedeva dieci e i dirigenti di allora gli davano venti guardandolo negli occhi. La nostra filiale era quella di Paladina, la fiducia era alla base di tutto. Così un territorio ha cominciato a correre».

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