Lombardia, Pil più alto in Italia
Bergamo disoccupazione ai minimi

Uno studio della Cgil sulla ricchezza delle famiglie lombarde e bergamasche mette in evidenza come nella nostra provincia ci sia il più basso tasso di disoccupazione e la maggior parte del reddito deriva da lavoro dipendente e d’impresa.

Dal punto di vista economico, nel 2015, la Lombardia appare, in termini assoluti, come la regione italiana con il maggior Prodotto Interno Lordo (oltre 359 milioni di euro, il 22% del Pil nazionale) e la seconda, dopo il Trentino-Alto Adige, in termini di Pil pro capite (35.885 euro). In linea con quanto appena detto, dai dati diffusi dall’Istat [2016c] si evince come, a livello nazionale, Milano sia la provincia più ricca in termini di valore aggiunto prodotto per abitante (circa 45mila euro), seguita da quella di Bolzano (36mila) e da Bologna (34mila). Anche dal punto di vista occupazionale, la Lombardia si colloca tra le regioni italiane che presentano maggiore vitalità nel mercato del lavoro. In particolare, il tasso di disoccupazione della regione, pari a 7,4% nella popolazione attiva complessiva e 18,7% in quella giovanile (15-29 anni), risulta inferiore sia alla media nazionale sia a quella delle regioni del Nord-Ovest, anche se rimane comunque ad un livello superiore rispetto alle regioni del Nord-Est che presentano in assoluto i tassi minori a livello nazionale[1]. Per quanto riguarda la situazione sub-regionale, le province che registrano i tassi di disoccupazione minori sono quelle di Bergamo e Lecco (rispettivamente 5,3% e 5,8%).

In questo contesto la popolazione lombarda, nel 2015, ha prodotto redditi per un ammontare complessivo pari a circa 172 miliardi di euro, quasi 9 miliardi in più rispetto al 2012. Il 56,3% di questi redditi deriva dal lavoro dipendente e il 27,6% dalle pensioni, mentre il lavoro autonomo e quello imprenditoriale incidono per circa l’8,5%. La restante parte è costituita da redditi da fabbricati, circa il 2,9%, e da quelli di partecipazione, 4,8%.

In termini di reddito medio pro capite i valori lombardi risultano leggermente superiori a quelli riscontrati nel complesso delle regioni del Nord-Ovest e oscillano tra un massimo di 26.412 euro nella provincia di Milano e un minimo di 18.610 euro in quella di Sondrio. Guardando alla distribuzione delle realtà provinciali lombarde nelle diverse classi di reddito si può notare come, in tutte le province, la classe di reddito preponderante sia quella media, compresa tra i 15.000 e i 26.000 euro. Nonostante questo, una quota non indifferente di popolazione, almeno 20% in tutte le province, si trova nella parte più bassa della distribuzione, con un reddito inferiore a 10.000 euro annui. Questi dati, sebbene mostrino delle prime differenze territoriali, non sono di per sé un indicatore di disagio sociale poiché i nuclei famigliari possono avere, in realtà, a disposizione diverse fonti di reddito che, sommandosi, possono comunque portare ad avere le risorse per un buon tenore di vita.

Ultime due dimensioni prese in considerazione in questo sguardo d’insieme, che verranno maggiormente approfondite in seguito, sono quelle dell’ampiezza demografica dei comuni lombardi e del loro grado di urbanizzazione. Maggiore è la dimensione del comune, maggiore risulta essere il reddito percepito: esso varia, infatti, tra un minimo di 17.796 euro annui nei comuni sotto ai 1.000 abitanti e un massimo di 27.503 in quelli con una popolazione superiore ai 50.000 abitanti. Relazione inversa si riscontra, invece, tra redditi e grado di urbanizzazione: nelle aree ad elevata densità di popolazione il reddito medio annuo ammonta a 18.808 euro mentre in quelle a bassa urbanizzazione esso è pari a 26.105 euro.

Il reddito di cui dispone ciascuna famiglia, sebbene non sia di certo l’unico, è sicuramente uno tra i fattori più rilevanti nell’analisi delle condizioni di vita della popolazione. Utilizzando gli ultimi dati provinciali disponibili su redditi e loro distribuzione, tassi di attività, inattività e disoccupazione della cittadinanza, la CGIL di Bergamo tenta di scattare una fotografia della ricchezza delle famiglie del territorio provinciale. A commentare cifre e tendenze è Gianni Peracchi, segretario generale della CGIL di Bergamo, con l’ausilio di dati ISTAT elaborati dall’Istituto di ricerche economiche e sociali IRES Lucia Morosini che da anni collabora con il sindacato provinciale oltre che con la CGIL nazionale. L’IRES Lucia Morosini è un’associazione no profit fondata nel 1982, per volontà della CGIL Piemonte. Sin dalla sua costituzione l’istituto raccoglie l’esperienza di studiosi, sindacalisti e operatori sociali. «Le considerazioni che accompagnano le tabelle qui di seguito sono un’anticipazione di un lavoro più analitico che stiamo portando avanti” ha spiegato oggi il segretario Peracchi. “I dati sono sostanzialmente focalizzati sulla dimensione regionale ma, come si può evincere dalle tabelle, si possono cogliere i primi spunti per qualche riflessione che riguarda il territorio bergamasco. Ad esempio, Bergamo è prima, a pari merito con Mantova, per l’incidenza percentuale dei redditi da impresa e seconda a pari merito con la Brianza e dopo Lodi, per quelli da lavoro dipendente. Si colloca invece al settimo posto per quanto riguarda il reddito medio pro capite». «Altro aspetto interessante è che Bergamo ha il tasso di disoccupazione più basso della regione ed è seconda, dopo Pavia, per il minor tasso di disoccupazione giovanile. Un dato, invece, preoccupante è che quasi un quarto della popolazione ha redditi inferiori ai 10.000 euro all’anno. Un ragionamento più compiuto e, soprattutto, articolato sulla situazione reddituale della nostra provincia (che si attesta, comunque, su un buon livello) dovrebbe essere pronto entro metà dell’anno. Insomma, la Lombardia e con essa la nostra provincia, visto che i parametri provinciali e regionali mediamente non si discostano di molto, seppur non risulta tra le prime venti regioni in Europa per ricchezza (dati Eurostat, sole 24 0re del 10 aprile 2017), si colloca in una posizione tutto sommato favorevole in Europa e nel mondo. Questi presupposti fanno ben sperare nel contesto in cui tutti gli attori del territorio, politici, istituzionali, economici, culturali e sociali stanno provando a rimediare ai danni che la crisi ha lasciato sul terreno e ad affrontare, cercando di governarli al meglio, i profondi processi di cambiamento socio economico che stanno tumultuosamente venendo avanti».

© RIPRODUZIONE RISERVATA