Salvato da un trapianto di fegato
«Ora do sostegno agli altri ammalati»

L’operazione nel 2003 dopo la diagnosi di «colangite sclerosante». Ora ha fondato un’associazione.

Il segno più forte che il trapianto di fegato ha lasciato nella vita di Marco Bozzoli è la gratitudine. Per lui non è un sentimento ripiegato sul passato, ma una continua spinta a «restituire», ad agire per il bene di altri che attraversano oggi lo stesso deserto in cui lui si è trovato all’improvviso 13 anni fa. Lo dimostra il suo impegno nell’associazione Amici del trapianto di fegato di Bergamo che ha contribuito a fondare e di cui, da sei mesi, è presidente.

«Quando i medici mi hanno detto che avrei dovuto sottopormi a questo intervento – racconta – mi è crollato il mondo addosso: non sapevo nulla dei trapiantati, di che tipo di vita conducessero. Mi immaginavo il peggio. In quel momento avevo la sensazione che per me fosse finito tutto, che non sarei più tornato quello di prima». Marco, però, oggi lo dice sorridendo, seduto nello studio dell’associazione all’ospedale Papa Giovanni XXIII, con l’aspetto sereno di chi si sente al suo posto, e le foto degli ultimi anni testimoniano una realtà molto diversa: le passeggiate in montagna, le feste di famiglia, i viaggi con gli amici dell’associazione. Non certo una fine, ma un nuovo inizio, intenso e gratificante, come la conquista di una vetta quando si è stati sul punto di mollare a metà percorso.

Il trapianto ha trasformato la vita di Marco Bozzoli: «Non sono più a capo di una divisione come prima, ma per mia stessa decisione ho ottenuto una mansione che mi consente di organizzare autonomamente il lavoro e di pianificarlo, ora mi occupo di marketing a livello europeo. Ho ancora tanti impegni, viaggio molto, ma ho cambiato filosofia, nella mia vita c’è spazio anche per altre cose». Gli iscritti, tutti trapiantati, sono circa 150, le persone coinvolte nelle diverse attività sono oltre 400. «Dentro di me c’è sempre quel ragazzo dell’oratorio; come diceva il cardinale Carlo Maria Martini ogni tanto la fede trema, ma mi sostiene sempre la convinzione di essere vivo anche grazie a qualcuno, lassù, che mi ha aiutato a superare tutti gli ostacoli. Molti nell’attesa del trapianto provano angoscia e covano in fondo l’idea che sia terribile essere lì ad aspettare la fine di qualcuno, poi però comprendono che non è così, che ogni dono è fatto di vita e di speranza».

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