Wing Commander, scontri stellari
interattivi sulle ali della nostalgia

Nuovo appuntamento con i videogiochi del passato proposti dal «Retroedicola Club» di Bergamo. Un’avventura fantascientifica che mescola scene dalla grafica suggestiva e una pregevole intelligenza artificiale

WING COMMANDER - Di Chris Roberts – Origin (1990) – MS-DOS

“In a distant future, mankind is locked in a deadly war…” Così inizia la saga Sci-fi di Chris Roberts: novello Lucas o semplicemente figlio del suo tempo?

Non tutti i videogiochi sono uguali, ci sono quelli con cui semplicemente si “gioca” e poi ci sono giochi di cui ti innamori. Tutti i videogiocatori ne hanno uno, vuoi perché quel titolo ha colpito la giusta nota emotiva o sono solo arrivati al momento giusto della vita, fatto sta che rimangono in eterno nei ricordi. Io non sono diverso, potrei caricare Wing Commader in questo momento e rapidamente mi ritroverei perso in un altro mondo.

http://www.ecodibergamo.it/videos/video/wing-commander_1032432_44/

Tornando alla domanda dell’introduzione, non credo che Chris Roberts, come si sente spesso, abbia voluto creare il suo Star Wars: è più una versione fantascientifica della seconda guerra mondiale, con la Confederazione Terrestre (in pratica i Paesi Alleati, cosa che viene accentuata dalla vasta etnia presente nella nave madre) contro i Kilrathi (i corrispettivi dell’Asse, qua sotto forma di una razza aliena “felina” guidati da un leader feroce e sanguinario). Comunque sia, anche se Wing Commander non sviluppa un tema particolarmente originale – dopotutto le invasioni spaziali cominciarono tanti anni fa, con Space Invaders – ma sopperisce con uno stupendo mondo interattivo dove la storia, non lineare, non annoia mai. Dopo questo lungo preambolo, vi dico quello che ho visto in questa saga spaziale.

Intro: impersoniamo un giovane asso dell’aviazione spaziale – a cui diamo noi un nome e un nickname – arruolato sull’ammiraglia della flotta, la famosa Tiger Claw. Non sappiamo il perché della guerra, ma solo che dobbiamo cacciare i Kilrathi dal settore Venice. Wing Commander è un sontuoso film interattivo, battezzato da qualcuno come “Space Sim”, ma le etichette trovano il tempo che trovano. Le vicende della guerra si svolgono su due piani: il primo, dove per certi versi passeremo più tempo che nelle missioni stesse, è nei ponti della nave madre. L’interfaccia di gioco si fonde amabilmente con le stanze di gioco: così per far pratica con i comandi dell’astronave ci basterà andare al bar e provare il simulatore “Trainsim”, di fatto un videogioco dentro a un altro videogioco. Visto che siamo al bar, perché non ascoltare le chiacchiere di bordo, o segnarsi qualche buon consiglio dai piloti esperti? Prima di partire per una missione è bene farsi un sonnellino infilandosi nella branda “load & save”, appena alzati siamo pronti per iniziare il briefing: ci rechiamo quindi nell’hangar principale, dove il nostro mentore, il colonnello Halcyon ci aggiornerà sulla missione. Questo è il primo “piano” di gioco: la parte dove si ha modo di interagire con gli NPC (personaggi non giocanti) che grazie all’alta qualità della grafica, la particolarità dell’interfaccia, la buona gamma di risposte che otterremo e che cambiano non solo di missione in missione, ma anche in base all’andamento della storia, non è mai uguale ne banale.

Quando invece siamo nel cuore della simulazione spaziale, e ancora una volta trovo eccessivo questo termine con cui viene bollato, visto che il tutto è molto semplice e fa assomigliare il videogioco più a uno sparatutto molto spinto e raffinato. Di primo impatto si resta basiti ancora oggi per la bellissima grafica, una commistione di grafica vettoriale e bitmap. Ogni astronave che guideremo – battezzate con noi di mascolina virilità – hanno i propri pregi e difetti, ognuna con il suo cockpit personalizzato. Superato lo scoglio di alcune strane prospettive, e forti dei primi scontri a fuoco, vengono fuori i difetti. Difetti, che per inciso, non lo sono. Il primo, ovviamente è dato dai limiti tecnici del tempo. Questo comporta che le nostre missioni saranno per lo più in solitaria o accompagnati da un solo altro pilota – quindi niente battaglie furiose con decine di navi su schermo. Così come i nostri avversari, che presi singolarmente sono abbastanza impegnativi, con una AI (intelligenza artificiale) niente male, che cerca di prenderci alle spalle o attua dei repentini mordi e fuggi per distrarci, ma in missioni che dovrebbero essere più strutturate, il tutto è in realtà molto basico e non servono grandi strategie, limitandoci a seguire pedissequamente gli obiettivi di missione.

Allora, perché non sono difetti? Non so se sia stato un colpo di fortuna o un’idea di Chris Roberts, ma queste “mancanze” tirano fuori un’anima diversa dal solito space sim: un senso di profonda malinconia unita a un senso di disperazione. Ed è allora che tutto quello che sembrava un contorno di bella grafica e musica fine a se stessa inizia a funzionare, e permette all’autore di spiazzarci, in quanto si squarcia quella patina finta in cui finora eravamo calati e il gioco entra nel nostro mondo reale, invertendo in sostanza il rapporto utente-gioco. Tutta la storia a questo punto evolve, si iniziano a vedere i tocchi di classe di cui il background è pieno, iniziamo a provare empatia verso i nostri compagni: gioiremo con loro per i successi e piangeremo i caduti, sentiremo un senso di dovere alla causa per cui lottiamo: una lotta disperata contro un nemico troppo potente, spietato, inarrestabile. Come menzionavamo prima, il gioco non è lineare, e non prevede un Game Over per le missioni andate male (a meno che ovviamente non ci restiate secchi), così come i vostri compagni, che se periranno in battaglia (con conseguente funerale spaziale, molto toccante), vi lasceranno semplicemente da soli nella impari lotta. Proprio questo andamento delle missioni farà pendere la lancette dalla bilancia verso le due possibili conclusioni della vicenda.

Outro: ci sono solo due finali della vicenda, da eroi in capo alla squadriglia che porterà il colpo decisivo all’esercito Kilrathi, o da perdenti, se gli insuccessi saranno troppi, e la Tiger Claw si ritirerà dal settore conteso. Wing Commander non è un gioco perfetto, ci sono tante idee valide, ma che a volte risultano superficiali o poco sviluppate. Ma per porre rimedio dovremmo attendere l’arrivo di Wing Commander 2 e i suoi successivi seguiti. O, forse, è da ricercare nella sua imperfezione il segreto che lo ha eletto videogioco cult, e che per quanto mi riguarda, lo si ama ancora dopo 27 anni.

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