Parlano i figli di Mario Bentoglio:
«In ospedale 2 ore dopo essere caduto»

I figli di Mario Bentoglio morto in ditta, accusano i soccorsi. Ma il 118 spiega: tempistica rispettata. Sabato i funerali.

La anatomopatologa Yao Chen dell’Università di Pavia s’è riservata di presentare nelle prossime settimane gli esiti dell’autopsia compiuta giovedì 11 febbraio sulla salma dell’imprenditore Mario Bentoglio, morto venerdì a 79 anni al «Papa Giovanni XXIII», il giorno dopo essere scivolato e aver battuto la testa sul piazzale della «Albano Filati», di proprietà di quattro dei cinque figli. Ottenuto il nullaosta dal magistrato, che aperto un fascicolo con l’accusa di omicidio colposo a carico di 10 medici - nove del «Papa Giovanni» e uno dell’automedica intervenuta per soccorrere Bentoglio - la famiglia ha fissato i funerali per sabato 13 febbraio alle 15 nella parrocchiale di Albano.

Nel frattempo, ancora una volta ricostruiscono le fasi dell’intervento di soccorso, su cui fin da subito avevano puntato il dito: «L’auto con a bordo il medico è arrivata dopo circa un’ora dalla prima chiamata al 118 e all’ospedale dopo un’ora e mezza abbondante» raccontano Genoveffa e Gian Mario Bentoglio. «L’autista che mio padre era andato ad accogliere al cancello, e che l’ha visto cadere e battere la testa, ha chiamato i soccorsi alle 10,11 e a quel punto lui era ancora cosciente». Dunque, secondo le ricostruzioni, il 118 ha acceso un codice verde (non urgente) proprio perché Bentoglio, cosciente, non sembrava grave.

«Alle 10,23 noi richiamiamo il 118, perché pian piano mio padre vedevo che si aggravava. Quando la prima ambulanza è arrivata erano ormai le 10,40 circa – prosegue Genoveffa – e a quel punto mio padre, che fino a un quarto d’ora prima era sveglio e mi parlava, era in arresto cardiaco. Dieci minuti dopo l’arrivo della prima è arrivata la seconda ambulanza. Ma il medico ancora no: è giunto, con l’automedica, verso le 11.10, un’ora dopo la prima chiamata». A quel punto l’imprenditore, che era stato rianimato dal personale delle ambulanze ma che non aveva più ripreso conoscenza, è stato caricato e trasportato in ospedale. «Perché al Papa Giovanni e non al Bolognini che è a meno cinque minuti da casa nostra? E perché l’ambulanza non ha imboccato l’asse interurbano, ma la strada del Tonale interna a Seriate? Mio padre è arrivato al pronto soccorso attorno alle 11,45. Noi non solleviamo dubbi sul lavoro dei medici e lo ripetiamo, ma sulla tempistica dei soccorsi. Abbiamo denunciato questa cosa perché ci chiediamo se nostro padre, soccorso più tempestivamente, avrebbe avuto una possibilità per salvarsi o almeno per tentare un intervento».

Oliviero Valoti è il medico responsabile della Aat di Bergamo, l’Articolazione Aziendale Territoriale che ha sostituito il 118. Giovedì non era in servizio quando è arrivata la richiesta di intervento da Albano Sant’Alessandro, ma il «debrifieng» con cui ha analizzato l’accaduto insieme ai suoi collaboratori e ai responsabili della Soreu delle Alpi (la Sale operativa regionale per l’emergenza e urgenza che ha sede all’interno del «Papa Giovanni XXIII») gli consente di dire che «i tempi di intervento sono risultati regolari». La riorganizzazione dei 118 provinciali, con l’introduzione del numero unico per le emergenze 112 (che per la provincia di Bergamo risponde da Varese), può aver rallentato l’arrivo dei mezzi e del personale sanitario? «No, anzi: la riorganizzazione ha ottimizzato i tempi di intervento».

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