Fabiola Gianotti racconta:
«La sfida vera è dopo il bosone»

«A un ragazzo che vuole studiare fisica io dico, vai. Con coraggio, determinazione, vai». A dirlo è Fabiola Gianotti che il 4 luglio 2012 dal Cern ha annunciato al mondo la prima osservazione di una particella compatibile con il bosone di Higgs.

«A un ragazzo che vuole studiare fisica io dico, vai. Con coraggio, determinazione, vai, vale la pena. Non bisogna mai avere rimpianti nella vita». A dirlo, misurata e appassionata insieme, è Fabiola Gianotti che, come portavoce di Atlas, il 4 luglio 2012 dal Cern ha annunciato al mondo, insieme al coordinatore del progetto Cms, la prima osservazione di una particella compatibile con il bosone di Higgs. È a Bergamo per la conferenza più attesa di BergamoScienza.

Dopo la scoperta del bosone, adesso che cosa succederà?
«L'Lhc è il più grande acceleratore costruito dall'uomo. È entrato in azione al Cern nel 2010, per rispondere a un gran numero di domande per le quali non avevamo risposta. Una era l'origine della massa delle particelle, risolta con la scoperta del bosone, che ha dimostrato che la teoria sviluppata da Robert Brout, Peter Higgs e Francois Engler è corretta. Ma ci sono anche altre domande alle quali in parallelo abbiamo lavorato in questi anni: la natura della materia oscura, la ragione dell'asimmetria fra materia e antimateria. Quindi il lavoro continua. In questo momento l'Lhc è fermo per renderlo in grado di salire di energia di un fattore 1,5-2. Quando riprenderemo nel 2015, continueremo a studiare anche il bosone per approfondirne la natura».
Si è parlato della possibilità dell'esistenza di più bosoni?
«La teoria che descrive le particelle elementari e le loro interazioni, il modello standard, è la teoria minimale che prevede un solo bosone di Higgs. Ma questa teoria, pur corretta, non è capace di rispondere a tutte le nostre domande. Nessuna particella finora scoperta ha le caratteristiche giuste per spiegare la materia oscura o l'asimmetria o come conciliare tutte le forze... Ci dev'essere una teoria più complessa, ma non sappiamo quale sia. Sono state elaborate teorie, come la supersimmetria o le dimensioni supplementari, che finora non hanno trovato alcun riscontro sperimentale. La maggior parte di queste teorie prevede altre particelle, fra cui anche più bosoni, come la supersimmetria che ne prevede cinque».
Quali sono le questioni emergenti della fisica?
«Bisogna essere cauti. Ci sono questioni che siamo in grado di porci, ma potrebbero esserci questioni che non siamo ancora in grado neppure di formulare o di sospettarne l'esistenza. Spero che l'Lhc dia indicazioni per andare oltre la teoria standard, che spiega solo il 5 per cento dell'universo, ma anche che ci faccia capire quali domande porci per andare avanti».
Il Nobel Frank Wilczek sostiene che dopo il bosone si ricomincia daccapo. È così?
«Sì, penso che Frank alluda al problema che non capiamo perché l'Higgs sia così leggero. Ci aspettavamo di trovare una spiegazione già alle energie che abbiamo studiato finora, ma non l'abbiamo scoperta. Bisogna capire se abbiamo posto male il problema o se la natura ha altre soluzioni».
E la teoria delle stringhe?
«È una teoria affascinante che cerca di unificare tutte le forze, cercando un punto d'incontro fra meccanica quantistica e gravità, ma prevede una verifica ad energie molto elevate, non ancora raggiungibili».
Come è cambiato il lavoro di ricerca con l'Lhc?
«La necessità di lavorare con strumenti grandi, sofisticati e costosi rende la ricerca un'avventura umana e tecnologica specialissima. Lavorano con Lhc solo al nostro esperimento tremila fisici di 38 paesi».
Gli italiani quanti sono?
«Seicento. La fisica italiana è un'eccellenza che resiste e un Istituto nazionale di fisica nucleare non secondo a nessuno. Alleviamo fisici di altissimo livello. Ma non gli diamo lavoro e li regaliamo agli altri paesi. Vanno a ruba. Cioè regaliamo la ricchezza che nasce dalla ricerca di base. L'altro problema è che le grandi scuole si tramandano. Basta saltare una generazione e la tradizione si interrompe per sempre. È quello che stiamo rischiando ora».
Se ripensa al 4 luglio 2012?
«Un'emozione fortissima anche ora, un entusiasmo che dura e che ha contagiato tutti quelli che lavorano al Cern, in qualsiasi ruolo: il bosone è stato vissuto come una grande impresa di tutti. L'entusiasmo dei giovani è alle stelle. Sanno di avere strumenti che gli permettono di esplorare una scala di energia che nessuno ha mai toccato prima».
Il futuro della fisica Gianotti?
«Sono stata capoprogetto dal marzo 2009 al febbraio 2013, i coordinatori sono eletti democraticamente per due anni, possono essere confermati per altri due, poi si rientra nell'esperimento con altri ruoli. Sono coinvolta nella road map della fisica delle particelle americana. Poi riprenderò le misurazioni del bosone. Come capoprogetto, con un team di tremila persone di tutto il mondo, ho imparato tantissimo, dal punto di vista scientifico, tecnologico, umano. Il coordinatore non ha potere, non paga stipendi. Le decisioni si prendono dopo discussione. E, incredibile, alla fine non predomina l'ambizione, ma la passione per la ricerca».

Susanna Pesenti

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