Vallanzasca, confermato l’ergastolo
La Cassazione ha rigettato il ricorso

Confermato l’ergastolo per Renato Vallanzasca, l’ex boss della mala milanese negli anni ’70-’80.

Contro la decisione del Tribunale di Nuoro che nel giugno 2015 aveva respinto la richiesta avanzata per ottenere la revoca dell’ergastolo, era stato presentato ricorso in Cassazione. E la Suprema Corte ha depositato martedì 2 maggio la sentenza che ha rigettato il ricorso di Vallanzasca, giudicandolo infondato. Vallanzasca fu arrestato 40 anni fa, il 15 febbraio 1977 a Roma. Nella Bergamasca si ricorda la tragica morte del maresciallo di pubblica sicurezza Luigi D’Andrea che morì in servizio con il collega Renato Barborini il 6 febbraio 1977, sotto i colpi di arma da fuoco del pluripregiudicato, fermato a un posto di blocco al casello di Dalmine della A4.

Nel ricorso si prospettava la violazione di principi contenuti nella Costituzione e nella Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Al centro della decisione la riduzione di pena prevista dall’articolo 442 del codice di procedura penale e la sostituzione dell’ergastolo con la pena di anni 30 di reclusione, connessa alla sentenza della Corte di Strasburgo sul caso Scoppola contro Italia. La Cassazione ha ricordato che un successivo intervento legislativo (decreto legge 341/2000) ha reintrodotto l’ergastolo «come esito possibile del rito abbreviato lì dove la pena commisurata - prima dell’applicazione della riduzione correlata alla scelta del rito - abbia incluso l’autonoma sanzione dell’isolamento diurno». Il curriculum giudiziario di Vallanzasca conta 4 ergastoli e condanne a 296 anni di carcere.

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