Karim Franceschi racconta
la sua battaglia contro l’Isis

Era andato a Kobane per aiuti umanitari ma quello che ha visto lo ha spinto a combattere contro l’avanzata dell’Isis. Karim Franceschi, attivista politico, figlio di un ex partigiano e di una marocchina, l’unico italiano che a 25 anni ha preso parte, nel gennaio 2015, alla resistenza in Siria, racconta quello che ha vissuto nel libro «Il combattente» (Rizzoli Bur).

«L’Isis è un nemico ancora da capire a fondo ma è un male che dobbiamo debellare. Non bastano le bombe, bisogna sostenere i popoli e le zone in cui l’Isis agisce. La più grande sconfitta dell’Isis sarebbero Mosul e Raqqa libere, con idee democratiche» dice Karim, in questi giorni a Roma con il suo libro scritto con il giornalista Fabio Tonacci che non ha voluto apparire in copertina perchè questa «E’ la tua storia, Karim» ha detto al combattente. Parte dei proventi saranno devoluti dall’autore alla ricostruzione di Kobane e per chi volesse contribuire è disponibile il sito www.helpkobane.com.

«Per l’Isis - spiega - siamo tutti obiettivi legittimi. Parigi, Giacarta, la nostra battaglia, lì nel Rojava, è quella di tutto il mondo. Per sconfiggere l’Isis bisogna sostenere il confederalismo democratico del Rojava che si basa sulle municipalità. Tante piccole autonomie che si riuniscono all’interno del territorio siriano. Le linee guida fondamentali si basano sul rispetto totale delle minoranze, sia etniche che religiose, sul diritto di studiare, di fare manifestazioni culturali, di professare la propria religione che non ha spazio nella vita pubblica, sul femminismo, cioè sulla parità fra uomini e donne, e sull’ecologismo».

Questo modo di pensare, continua Karim con il suo sguardo incisivo, «può sembrare utopistico nella Siria di oggi e invece sta funzionando in tutto il nord mentre ad Aleppo si stanno massacrando fra sciiti e sunniti». In questo momento, in Siria e Iraq l’Isis «sta perdendo terreno ma - sottolinea - si sta spargendo nel resto del mondo e ci dobbiamo muovere ora». Karim Franceschi ha preso la decisione, lui che non aveva mai tenuto un’arma in mano e ama la pace, di lasciare tutto per andare a combattere l’Isis con il popolo curdo unendosi alla milizia volontaria dell’Ypg (Unità di protezione del popolo) dopo aver parlato con due bambini soldato di 12 anni costretti a imbracciare le armi. «Forse, ho pensato - racconta ora - devo andare io a combattere, non loro. Non basta distribuire medicine. Quando sono arrivato a Kobane per aiuti umanitari la città si reggeva su una stampella, tutti erano allo stremo delle forze e mi chiedevano se volevo dare una mano. Mio padre era partigiano, è morto quando avevo 12 anni, e mia madre all’inizio è rimasta scioccata, non era tanto d’accordo su questa mia scelta ma a posteriori mi ha sostenuto».

Finito in prima linea dopo l’addestramento di una settimana, con il nome di battaglia Marcello, Karim è passato velocemente da combattente a membro di un comando ed è entrato a far parte di una squadra di cecchini, ha combattuto contro l’esercito del Califfato più forte e meglio armato, portando fino in fondo l’impresa di liberazione della città. «Durante un assedio ci attaccarono tre giorni e tre notti. Sembravano zombie. Hanno il culto della morte perchè vogliono andare in Paradiso» racconta. «La Turchia è stata per troppo tempo ambigua in questa guerra civile. In questo momento ci sono città turche sotto assedio militare. La Turchia si sta avvicinando sempre di più al mondo islamista. Ho visto con i miei occhi che faceva entrare l’Isis quando di combatteva per Kobane» sottolinea Karim che continuerà ad essere un attivista politico ma al momento non ha in programma di tornare a Kobane. «Con questo libro spero di aiutare la causa, di poter raggiungere - dice - un pubblico più ampio, i miei coetanei, i giovani. Vorrei contribuire alla ricostruzione di Kobane che è distrutta, ora nevica dentro quel che resta delle case».

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