Le contraddizioni del tempo
e il solito elegante Pennac

«Tutti sono capro espiatorio di qualcun altro»: a dirlo è Daniel Pennac e lo dimostra, in fondo, il successo di lunga durata della sua saga ambientata a Belville, quartiere «alternativo» e multietnico di Parigi.

Sono passati quasi vent’anni da «La passione secondo Therése», sesto romanzo della serie. Alla fine Pennac ha deciso di ricominciare, e ha promesso che il settimo capitolo «Il caso Malaussène. Mi hanno mentito» (Feltrinelli), appena uscito in libreria, non sarà l’ultimo. Ci sono (purtroppo) molti casi, nell’abbondante produzione editoriale di oggi, in cui le saghe continuano per motivi commerciali. Si ripiegano su stili e schemi talmente simili da non offrire più nulla ai lettori se non la sensazione di leggere più volte lo stesso romanzo e di restare immersi in un mondo immaginario in cui si trovano a proprio agio. Niente di tutto questo si può dire di Pennac, che conserva intatte freschezza, ironia e potenza dello sguardo. L’architettura del suo universo narrativo è complessa e ricca di sfumature, e lo testimoniano le nove pagine di «repertorio» che aprono il volume, con una descrizione sintetica di luoghi e personaggi fatta, immaginiamo, per aiutare i neofiti a districarsi nel copione. Anche nel romanzo sono passati vent’anni e i personaggi sono, a seconda dei casi, cresciuti o invecchiati. Pennac lascia un po’ in ombra i suoi vecchi protagonisti per concentrarsi sulla «nuova generazione». Benjamin fa sempre il capro espiatorio alle Edizioni del Taglione. È rimasto a casa da solo con la sua Julie, ma continua a fare il «capo tribù» e posa sulla realtà, come sempre, uno sguardo disincantato, scettico e divertito. Pennac usa poi un altro personaggio, Alceste, scrittore lunatico, per riflettere sulla necessità di raccontare insieme l’orizzonte e i dettagli, illuminando la realtà sotto la lente della fantasia. Tutt’intorno c’è un mondo oscuro e cupo, segnato dalle paure di oggi, prima fra tutte quella dell’immigrazione, e dominato dalla corruzione, dai traffici e dalla violenza.

La storia ruota intorno al rapimento di un ricco uomo d’affari, Georges Lapietà, pesantemente invischiato con la politica. I rapitori chiedono un enorme riscatto da distribuire ai poveri. Come al solito Malausséne finisce nel bel mezzo dell’azione senza volerlo, in un susseguirsi scoppiettante di equivoci e colpi di scena. La lettura scorre piacevolissima e leggera, ma tra le righe si leggono le contraddizioni del nostro tempo, insieme all’idea ingenua, ostinata e bellissima che alle brutture del mondo si possa e si debba reagire - sempre e comunque - con la gentilezza.

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