«Qui produciamo le cellule
per curare leucemie»

Laboratorio Lanzani In un anno 120 trapianti di midollo. L’ ematologo Introna: per salvare più vite servono nuovi donatori giovani, il registro italiano sta invecchiando

Sorride, mentre guarda il galletto rosso di peluche appeso al computer, nel suo studio al Laboratorio «Lanzani», in via Garibaldi, che fa capo all’ Ematologia dell’ Asst Papa Giovanni di Bergamo. «È il simbolo del Bari, la mia squadra di calcio, sono pugliese. Me l’ ha regalato un ragazzino sottoposto a trapianto di midollo osseo: stava male, ora è guarito», dice quasi sottovoce Martino Introna, ematologo, responsabile del Centro di terapia cellulare «Lanzani», e tutor nel programma di Medicina molecolare all’ Università Bicocca di Milano. «Quel ragazzino ce l’ ha fatta, ma per aiutare tanti altri pazienti come lui, bimbi e adulti, servono più donatori italiani, per maggiori compatibilità.

Dobbiamo aumentare le speranze a chi aspetta cellule staminali ematopoietiche per salvarsi da leucemie, linfomi, mielomi - rimarca Introna -. Con i donatori italiani copriamo solo il 40% dei nostri malati, e il nostro registro di donatori (Ibmdr, Italian bone marrow donor registry, che rientra nel Registro mondiale ndr) sta invecchiando sempre di più. Serve che le nostre forze giovani si candidino a donatori di midollo osseo.Serve una campagna di politica sanitaria ad hoc: in Germania, che ha il registro di donatori primo al mondo, fanno feste apposite, fanno incontrare donatori e persone trapiantate, ed è importante, perché con le cellule staminali ematopoietiche si salvano tantissime vite, potremmo salvarne molte di più». Introna aggiunge che se ne parla poco di queste possibilità di donazioni «nonostante l’ impegno di tante associazioni, e forse c’ è anche timore: spieghiamolo una volta per tutte, che essere donatori di midollo osseo, di cellule staminali ematopoietiche è indolore: non si preleva il midollo spinale dalla spina dorsale, ma basta un prelievo di sangue. A tutto il resto pensiamo noi».

Centro al top Noi sta per il Centro di terapia cellulare «Lanzani» di Bergamo, «stella» dell’ Asst Papa Giovanni di Bergamo, ospitato in un padiglione dell’ ex Matteo Rota e uno dei 4 Centri di terapia cellulare dell’ Italia (sono tutti in Lombardia, oltre al «Lanzani», ci sono quelli di Monza, del Policlinico di Milano e il San Raffaele), di 1° livello, autorizzato dall’ Aifa, che «lavora» le cellule staminali ematopoietiche sia per trapianti sia per l’ utilizzo cellulare per potenziare le difese immunitarie in alcune patologie neoplastiche o come «terapia» post trapianto per evitare i farmaci antirigetto. Entrando nel laboratorio, che ha camere a sterilità assoluta per la lavorazione delle cellule ematopoietiche e la conservazione delle sacche destinate ai donatori, si ha l’ impressione di essere in una industria farmaceutica più che nel «cuore» di un percorso di cura per le malattie del sangue. Come dire, qui il «trapianto» proprio non si vede. «Ma è qui che si dà concretezza alla speranza di chi è malato. Siamo il futuro: una volta il trapianto di midollo si faceva prelevandolo dal donatore e trasferendolo al paziente attraverso una “infusione” nell’ osso, spesso nell’ anca - illustra Introna - . Da allora la ricerca ha fatto passi da gigante. Oggi quando ci capita il caso di un malato che, dopo la chemioterapia, necessiti di un trapianto (e a Bergamo nell’ ultimo anno ne sono stati effettuati 120), attiviamo la ricerca di un donatore compatibile. L’ ideale è ottenere 10 geni su 10 compatibili, ma non è così semplice incrociare queste probabilità, neppure tra i consanguinei, anche se possiamo trapiantare con 7 geni su 10 compatibili, con buon successo.

Chiunque decida di offrire le sue cellule ematopoietiche tramite prelievo di sangue viene “tipizzato”, cioè i dati del suo quadro genetico vengono memorizzati in un registro a uso mondiale. In caso di necessità di trapianto, si cerca anche in questo registro, qualora si individui un donatore compatibile, questi viene chiamato per il prelievo nel centro a cui si è rivolto per la tipizzazione e la sacca viene inviata qui». Questo significa, spiega Introna, che attraverso il citoflorimetro si «contano le cellule, si verifica che siano vive e pulite, e qui vengono arricchite o purificate. Un lavoro che si fa mentre il malato che deve riceverle viene “svuotato”, cioè attraverso terapie si annulla il suo midollo e quando è azzerato si fa il trapianto, in sostanza una trasfusione. Si effettua in Ematologia, da qui la sacca viene portata in reparto nelle camere sterili. Operazioni sincronizzate al secondo, e che richiedono una nostra disponibilità 24 ore su 24, tutti i giorni. In media dopo 2/3 settimane, il malato produce nuovo midollo, sano, quello del donatore». Tutte le sacche di ogni singolo malato vengono conservate al «Lanzani»: «Sono tracciate e custodite a meno 300 gradi, in azoto liquido, possono essere utilizzate quando e se il malato necessitasse di un altro trapianto».

La «cell factory» di Bergamo, continua Introna, ha la ricerca come «cuore» della sua attività: dalle cellule ematopoietiche si producono linfociti potenziati con gli stessi standard di qualità di un farmaco, che possono aiutare a rigettare la leucemia quando riparte e a «spegnere» la reazione al trapianto, ma «produciamo anche farmaci-cellule per scongiurare il trapianto renale. Tutto questo, è possibile, anche grazie al sostegno delle associazioni: senza la “Paolo Belli”, per esempio, non avremmo questi laboratori e molti ricercatori, non ci sarebbe la Casa del Sole per ospitare i parenti dei malati. E a questi eroi della solidarietà va la riconoscenza di tutti».

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