Svolta per la cura del cancro alla prostata
Un nuovo farmaco fa ben sperare

Successi «senza precedenti» nel trattamento del cancro alla prostata in fase avanzata sono segnalati da una ricerca britannica, con la sperimentazione del primo farmaco che prende di mira precise mutazioni genetiche legate a questo tipo di tumore.

La ricerca, condotta dall’Institute of Cancer Research di Londra con la collaborazione dell’Università di Cambridge, è stata pubblicata dal New England Journal of Medicine e ripresa dalla Bbc. E’ stata condotta su 49 pazienti considerati non più curabili e resistenti alle terapie tradizionali le cui prognosi di sopravvivenza non superavano i 12 mesi. Il farmaco in questione, già sperimentato per i tumori ovarici e al seno, è l’olaparib. E nei casi di cancro alla prostata testati ha prodotto un significativo rallentamento del processo tumorale su ben l’88% di un sottogruppo (14 pazienti su 16) la cui patologia risultava riconducibile a specifiche mutazioni del Dna. Il risultato è in ogni modo considerato «una pietra miliare» dal New England Journal of Medicine. Si tratta di sviluppi «molto promettenti», ha commentato oggi alla Bbc Joaquin Mateo, uno dei ricercatori coinvolti nel gruppo di studio. «Le persone ammesse alla sperimentazione avevano un’aspettativa di vita fra 10 e 12 mesi», ha notato Mateo, ma molte sono ancora in vita e stanno anzi progredendo dopo aver «assunto questo farmaco per oltre un anno». «La nostra sperimentazione segna un progresso rilevante nel trattamento del cancro alla prostata, spero che fra non molto tempo potremo usare l’olaparib nelle cliniche per le terapie ordinarie» contro queste forme tumorali, ha detto a sua volta il professor Johan De Bono, direttore del dipartimento di farmacologia dell’Institute for Cancer. «E’ una sfida molto eccitante, gli ha fatto eco Aline McCarthy, un’altra ricercatrice dell’istituto londinese, spiegando che l’obiettivo è «offrire un nuovo modo per curare il cancro alla prostata prendendo di mira gli errori genetici che lo hanno fatto diffondere». «La speranza è che con questo approccio si possano salvare molte più vite in futuro», ha concluso McCarthy.

La terapia genetica rappresenta del resto, affermano questi studiosi, la nuova frontiera dell’oncologia: potenzialmente molto più efficace e risolutiva rispetto alla «aggressione» dei tumori organo per organo. Resta tuttavia da risolvere il problema dei costi, tenuto conto che le autorità sanitarie britanniche hanno già respinto l’uso dell’olaparib nel sistema sanitario nazionale come farmaco di base contro il cancro alle ovaie. Giudicando non sostenibile una spesa attualmente prevista in circa 4.000 sterline (oltre 5.000 euro) al mese.

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